Battery swap, un’altra frenata: Ample porta i libri in tribunale

battery swap Ample

Un’altra scommessa sulla sostituzione rapida delle batterie per auto elettriche  (battery swap) si infrange contro la realtà industriale e finanziaria. Ample, prima startup americana di stazioni di battery swap universali, modulari e a basso costo, ha presentato istanza di fallimento negli Stati Uniti.

La notizia riaccende il dibattito sulla reale sostenibilità di un modello universale di “scambio batterie”, anche nel contesto europeo.

Ample, promesse ambiziose. Ma i conti non tornano

Ample sosteneva di poter aggirare uno dei principali colli di bottiglia della mobilità elettrica: i tempi di ricarica. La sua proposta era quella di stazioni completamente automatizzate, capaci di sostituire il pacco batterie di un’auto elettrica in circa cinque minuti, con un costo stimato intorno ai 13 dollari per operazione. Il tutto grazie a batterie modulari standardizzate, che – nelle intenzioni – avrebbero potuto essere adottate da qualunque costruttore.

L’idea, sulla carta, era semplice: scalare la diffusione dell’auto elettrica più rapidamente, puntando su un’infrastruttura alternativa alla ricarica tradizionale, replicabile e relativamente economica. Non a caso Ample parlava apertamente di un miliardo di veicoli elettrici nel mondo come orizzonte di riferimento.

La realtà si è rivelata molto più complessa. Nonostante circa 330 milioni di dollari raccolti nel corso degli anni, la società ha dichiarato di non essere più in grado di far fronte ai propri impegni finanziari, citando problemi di liquidità e un contesto sempre più difficile per gli investimenti nel settore delle rinnovabili e della mobilità elettrica. Nei documenti depositati presso il tribunale statunitense Ample indica attività comprese tra 10 e 50 milioni di dollari e passività tra 50 e 100 milioni. E chiede anche un finanziamento ponte per sostenere la procedura fallimentare.

battery swap Ample
Ample aveva stretto anche un rapporto di collaborazione con Stellantis

Tecnologia reale, modello fragile

Secondo indiscrezioni raccolte dalla stampa specializzata americana, la tecnologia di base funzionava, ma il fallimento sarebbe stato causato da una gestione poco esperta, aspettative gonfiate e un uso inefficiente dei capitali. Uno schema già visto in altre startup che hanno cercato di “saltare” le complessità industriali del settore automotive affidandosi a soluzioni apparentemente eleganti.

Un elemento da non sottovalutare è che Ample non era isolata: nel suo percorso aveva attirato partner industriali di primo piano come Shell, Mitsubishi e Stellantis. Segno che l’interesse per il battery swapping esiste, ma non basta a garantire la sostenibilità economica di un modello che richiede standard condivisi, investimenti elevati e una forte integrazione con i veicoli.

La storia si ripete: il precedente di Better Place

Il caso Ample, come detto, non è un’eccezione. Tesla aveva sperimentato lo scambio batterie con una singola stazione dimostrativa in California, per poi abbandonare l’idea. Better Place, uno dei primi grandi progetti di battery swap, non è mai riuscito ad andare oltre alcune installazioni pilota in Israele e Danimarca, finendo in bancarotta.

L’unico esempio ancora operativo su larga scala resta NIO in Cina, ma con caratteristiche molto diverse: il battery swap funziona perché è sviluppato direttamente dal costruttore, integrato nel design dei veicoli e sostenuto da una strategia industriale verticale. Anche in questo caso, però, gli obiettivi di espansione sono stati ridimensionati rispetto ai piani iniziali.

battery swap Ample

Battery swap universale: un flop (o no?)

Il fallimento di Ample è un segnale chiaro. La mancanza di standard comuni sulle batterie, la complessità normativa e i costi infrastrutturali rendono il battery swap universale difficile da giustificare rispetto all’evoluzione della ricarica ad alta potenza.

Scende in campo anche CATL: torna in auge il battery swap

Nel breve e medio periodo, la crescita della mobilità elettrica passerà con ogni probabilità da reti di ricarica più capillari e a potenze crescenti, integrazione con le rinnovabili, accumuli stazionari e gestione intelligente della domanda, piuttosto che da modelli alternativi che, finora, hanno dimostrato fragilità strutturali. Ma il caso Ample non chiude il dibattito. Il battery swap, debitamente ripensato,  presenterebbe vantaggi e opportunità diverse da quelle fin qui immaginate e rivolte solo a velocizzare la ricarica dell’auto elettrica. Grandi depositi di stoccaggio e ricarica delle batterie auto, infatti, potrebbero fornire un importane supporto alla rete. Consentirebbero ricariche più flessibili e eventuali interventi a supporto dei picchi di richesta, in qualche nodo esercitando la stessa funzione dei BESS (battery energy storage system).

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