Battery swap 2, la riscossa. L’effetto composto di due innovazioni dirompenti come la guida autonoma e il Vehicle to grid (V2G) potrebbero rilanciarne una terza: la sostituzione rapida della batteria. E l’integrazione tra di esse, dare un impulso decisivo alla transizione elettrica. Non solo quella dei trasporti, ma dell’economia globale.
Anche per questo, probabilmente, il numero uno cinese e mondiale delle batterie per autotrazione CATL ha affiancato l’unico car maker, NIO, che si è già buttato sul battery swap di massa. Oggi ha già una rete capillare di oltre 3.000 stazioni di sostituzione in Cina e una sessantina in Europa, totalizzando oltre 66 milioni di sostituzioni (guarda il video).

Battery swap alla riscossa/L’alleanza CATL-NIO va veloce
L’accordo intende creare congiuntamente una rete di scambio di batterie e promuovere l’unificazione degli standard tecnici del settore (Leggi).
E l’ultima novità riguarda l’estensione dell’accordo alle vetture di fascia medio-bassa, che NIO lancerà a breve sul mercato globale con il nuovo marchio Firefly.
NIO Firefly sarà in vendita sul mercato cinese dal 29 aprile e a fine anno arriverà anche in Europa. Il prezzo di partenza è di 119.800 yuan che al cambio sono circa 14.400 euro. La casa automobilistica ci punta molto e crede che la gamma Firefly possa arrivare a valere nel tempo il 10% delle sue vendite complessive. Nasce quindi per essere un’auto elettrica di massa. Abilitata alla sostituzione rapida delle batterie, imporrà un fortissimo sviluppo delle stazioni di battery swap.
CATL a sua volta è già in contatto con altri costruttori intenzionati a fruire della nuova rete di scambio delle batterie, adottando gli standard fissati dai due partner. In altre parole, montando batterie intercambiabili.
Da ultimo CATL ha appena sottoscritto un accordo con il gigante petrolifero statale Sinopec per costruire entro quest’anno 500 stazioni di scambio batterie e salire fino a 10.000 stazioni nel medio termine, nelle aree rifornimento carburanti già esistenti.
Sembrava un’eresia dopo il tentativi fallimentari di Tesla e Better Place: il gioco non vale la candela
Lo scambio batterie sembrava un’eresia fino a un anno fa. Respinto sdegnosamente da tutti i costruttori europei e americani. Abbandonato da Tesla nel 2013, quando sviluppò una stazione di battery swap tra San Francisco e Los Angeles per i suoi primi modelli che è rimasta l’unica mai costruita. Naufragato con l’azienda israeliana Better Place, fallita dopo aver raccolto sul mercato 900 milioni di dollari per sviluppare una sua tecnologia.
I motivi? Gli elevati costi di capitale per predisporre le batterie di ricambio, la necessità di tenere a disposizione dei clienti enormi quantità di pacchi batteria, un costo del servizio elevato. E da ultimo, la convinzione dei costruttori che standardizzando un componente chiave della tecnologia elettrica coma la batteria sarebbe stato poi impossibile valorizzare e caratterizzare i rispettivi modelli e marchi.
Non è che oggi tutto questo sia stato superato. Oggi, però, nel battery swap si cominciano ad intravvedere opportunità che vanno ben oltre la scontata comodità dell’automobilista cliente. E che potrebbero generare ricavi sufficienti a giustificare l’imponente investimento iniziale e qualche vincolo in più nella progettazione dei veicoli.
Prima novità: più facile integrare batterie e rete
Il primo è la perfetta integrazione delle stazioni di scambio batterie nelle reti elettriche del futuro.
Mentre infatti la ricarica tradizionale, sempre più veloce ed esigente, impegna la rete con elevata richiesta di potenza solo parzialmente utilizzata (ma profumatamente pagata) dai gestori delle stazioni di ricarica, gli impianti di battery swap funzionano di fatto come grandi accumuli stazionari di energia. Stoccando decine di batterie già cariche e in carica possono prelevare energia quando le fonti rinnovabili ne producono in eccesso e cederla nei picchi di richiesta. Esattamente come fossero BESS (Battery Energy Storage System) al servizio delle rete per stabilizzarla. Il famoso V2G (Vehicle to Grid), molto complesso da gestire vettura per vettura, potrebbe finalmente diffondersi raggruppando non già i veicoli ma le loro batterie. Diventando così una risorsa, anzichè un problema per il sistema elettrico.
Seconda novità: con la guida autonoma tutto cambia
Il secondo atout riguarda l’imminente arrivo della guida autonoma, ormai quasi infallibile in marcia, ma inutilizzabile nella ricarica tradizionale alla colonnina. La sostituzione delle batterie, viceversa, è un’operazione automatizzata fin dalla progettazione iniziale. Il veicolo si limita ad entrare, attendere meno di cinque minuti e poi uscire. Tutte le auto abilitate al livello 3 di guida autonoma sono in grado di farlo senza l’ausilio del conducente.
A partire dalle flotte di taxi senza conducente, che già cominciano a circolare in Cina, Usa e in zone delimitate delle città europee. E perfino in Italia, a Brescia, con la sperimentazione dello sharing A2A
- LEGGI anche “Primo miglio su strada per lo sharing a guida autonoma made in Italy” e guarda il VIDEO qui sotto
Battery Swap alla riscossa/ Non solo CATL-NIO: nelle due ruote la strada è già aperta. E poi c’è AMPLE negli Stati Uniti…
Nel frattempo, anche in altri mercati stanno iniziando a diffondersi diverse forme di sostituzione delle batterie, rivolte principalmente alle biciclette elettriche e ad altri veicoli elettrici a due ruote, dove le stazioni di sostituzione si adattano facilmente a un modello manuale grab-and-go. Per esempio Gogoro a Taiwan e Sun Mobility in India.
Ma anche per le quattro ruote torna alla ribalta qualche coraggioso. Per esempio l’ azienda statunitense Ample che propone una sua tecnologia di sostituzione delle batterie, rivolta soprattutto alle flotte aziendali.

Ample l’anno scorso ha siglato un accordo con Stellantis e ha ricevuto un investimento di 25 milioni di dollari dalla Mitsubishi. In marzo Ample e Mitsubishi hanno annunciato che inaugureranno la loro prima stazione di battery swap a Tokyo, dopo un test effettuato lo scorso anno a Kyoto in collaborazione con Mitsubishi Fuso Truck and Bus Corporation e la principale società energetica giapponese ENEOS Holdings. Non a caso.
Che il battery swap sia avviato a una riscossa lo dice anche un rapporto di Research and Markets pubblicato a fine marzo. Sostiene che «il mercato globale della sostituzione delle batterie raggiungerà 1,46 miliardi di dollari nel 2025 e si prevede che raggiungerà i 22,72 miliardi di dollari entro il 2035, con un CAGR del 31,5% dal 2025 al 2035».
Guarda anche questo VIDEO di Luca Pagliuca sull’integrazione fra batterie auto e rete elettrica
Ho una nio et5 touring che utilizzo come taxi qui in Norvegia.abbiamo una stazione swap ma i costi per me sono proibitivi, dovendo pagare oltre all’abbonamento della batteria (100€ mensili per la batteria piccola) anche la corrente/costi di gestione. (20€ per cambio)
Mi costa molto meno ricaricare a casa( 250€ mensili circa)
In più la stazione chiude dopo le 22, e se non sbaglio la batteria va riportata alla stessa stazione da dove è stata nollegiata.
Bell’articolo, allarga le vedute su una tecnologia dal grande potenziale non ancora pienamente compreso, con l’alto rischio (se non la certezza) che anche qui i cinesi prenderanno un vantaggio irraggiungibile.
Qualche pensiero sparso:
– il battery swap è l’uico che può rendere l’auto elettrica accessibile a tutti, sia a livello economico (compro l’auto senza la batteria, che costa 1/3 dell’auto) sia come possibilità di ricarica. Tutti quelli senza la villa col fotovoltaico e senza un garage dove poterci installare la wallbox (e si ce ne sono tanti…) avrebbero finalmente la possibilità di convertirsi all’elettrico senza litigare per una colonnina alla sera, magari a centinaia di metri da casa
– non serve raddoppiare le batterie, dato che man mano che vengono cambiate si ricaricano e possono essere usate su un’altra auto…ne serve il 10-15% in più che vanno a sostituire un accumulo stazionario, per cui a fare bene i conti un modello con auto elettrica “normali” + accumuli stazionari ha necessità di PIU’ BATTERIE rispetto a un modello con stazioni di battery swap, in pratica uso la batteria al massimo delle sue possibilità senza necessità di V2G che ha i suoi vincoli
– addio ansia da ricarica, anche in autostrada mi fermo, swappo in 5 minuti e via
– una stazione di battery swap costa sicuramente di più di una colonnina, ma quante auto riesce a servire e con che fattore di utilizzo? Le colonnine rimangono per la maggior parte del tempo inoperose, costrigendo ad alzare le tariffe per far stare in piedi l’investimento
– le colonnine fast, si belle…tante connessioni da centinaia di kW da installare e manutenere, che probabilmente verranno usate tutte insieme negli orari peggiori (la sera a rientro dal lavoro) andando a congestionare ulteriormente il sistema elettrico
Un’occasione che soprattutto chi produce (in teoria) auto di massa come Fiat e Renault non dovrebbe lasciarsi sfuggire
// le colonnine rimangono per la maggior parte del tempo inoperose, costrigendo ad alzare le tariffe \\
Credo che questa situazione si inverta gradualmente man mano che la mobilitá elettrica prende piede, al momento la rete delle colonnine sconta ancora una logica di posizionamento delle stesse non ideale e tariffe non molto attraenti per recuperare l’investimento iniziale.
Sono abbastanza d’accordo sugli altri punti anche se bisogna vedere quale sará la percentuale di potenziali utenti dello swap quando il mercato EV raggiungerá la maturitá.
Io personalmente non lascerò mai la mia batteria, trattata bene da me, per avere in cambio magari una problematica maltrattata e pericolosa.
Al battery swap NON CI ANDRO’ MAI.
Credo che le stazioni di swap siano dotate di apposita diagnostica per rilevare eventuali problemi tecnici delle batterie ma in effetti non so se possiamo escludere casi di celle difettose che sfuggono ai controlli (automatizzati o meno..)
Si ma scusate…se la batteria non è mia onestamente che me frega? Anche se me ne arriva una col 5% in meno di capacità vuol dire che la cambierò un pelo prima.
Mi chiedo inoltre cosa faccia più male alla batteria: una ricarica lenta e controllata in una stazione di battery swap o una “botta” alle colonnine fast e super fast?
quindi ogni auto dovrebbe avere almeno una batteria di riserva ogni tot km di autostrada. moltiplicando esempio per 1000 km almeno 3 swap abbiamo rimpito il mondo di batterie ! bene per l’autonomia ,male per l’ambiente anche a essere per l’elettrico al 1000 % come il sottoscritto !
Se però le batterie auto in eccesso, stoccate nei depositi delle stazioni, fungessero come sistemi di accumulo al servizio della rete risparmierebbero al sistema elettrico una quota equivalente di BESS. E’ questo il significato dell’articolo.
come questa ditta in Australia, che converte i camion da diesel ad elettrici,
con batterie swappabili di geometria standardiazzata e movimentabile con muletto, e che quando le batterie sono in carica fanno anche da accumulo
https://www.januselectric.com.au/
col permesso di Massimo
ripubblico qui un mio commento odierno con citazioni al battery swap secondo me pertinenti (in articolo https://www.vaielettrico.it/nissan-cina-auto-elettriche/ )
” Già che ci siamo.. voglio vedere se Nissan, Toyota o qualche nostro costruttore europeo presente sul territorio cinese riuscirà ad entrale nel consorzio promosso da CATL per implementare il battery swap (stile NIO) anche nella propria gamma.
Al momento il nuovo gruppo è composto da FAW Group, Changan Auto, BAIC Group, Chery Auto e GAC Group che stanno presentando nuovi modelli abilitati allo scambio di batterie CATL nelle stazioni “battery-swap” dette “Choco-SEB” in corso di realizzazione in 30 città della Cina (un migliaio al momento previste); tali stazioni sono contraddistinte dai nomi “Blocco #20” e “Blocco #25” differenziati dalla capacità dei pacchi batteria disponibili (il primo fino a 52kWh ed il secondo fino a 70kWh) per i veicoli compatti seg. A/B.
In Europa il battery swap continuo a pensare che non sarebbe facilmente sovrapponibile al sistema dei distributori carburante (città molto più piccole delle mega-metropoli cinesi/asiatiche e distanze molto brevi fra centri abitati in cui bastano le normali HPC , magari dotate di BESS+FV locale per metterle ove non sono presenti collegamenti adeguati a sostenere elevatissime potenze di ricarica).
Personalmente continuo a credere che il battery swap serva a livello capoluogo in centri comuni tra vari marchi per sostituire batterie vicine all’esaurimento o che presentano problematiche (ed alimentare anche la rete di recupero e riciclo/rigenerazione).”
Aggiungo che il coinvolgimento diretto di altre stakeholders (Produttori/Distributori di energia – i nostrani ENEL / TERNA / ENEL X ad es. ) avrebbero interesse a creare delle stazioni di ACCUMULO BESS utilizzando stazioni Battery Swap diffuse sul terriotorio per accumulo dell’energia prodotta in eccesso (da F.E.R. o centrali GAS ormai avviate nei periodi di picco); sarebbe un Doppio Uso dell’investimento in stazioni di Battery Swap anche sul territorio italiano.
Anche le compagnie petrolifere potrebbero diventare Compagnie Energetiche a tutto tondo realizzando Anche stazioni di BatterySwap .. così come in Cina con SINOPEC anche l’Arabia Saudita ci crede parecchio:
https://www.saudigulfprojects.com/2025/01/saudi-arabia-awards-10500mwh-battery-energy-storage-system-contracts/
Se persino ARAMCO partecipa… gli altri cosa aspettano?
Personalmente vedo lo swap Battery come una cosa superata, in campo automotive privato.
Gli 800/100V hanno reso i tempi di ricarica compatibili con i tempi di viaggio. Fine dell’utilità dello swap Battery.
Diverso è accoppiato a taxi autonomi. Li fanno un giro alla base swappano e 5 minuti dopo possono ripartire carichi.
Non so se lo swap potrebbe essere cosí adatto ai taxi, se non altro per l’usura dei connettori causata dal continuo “attacca-stacca”.. Forse sarebbero piú indicati i super condensatori al posto delle batterie (https://www.vaielettrico.it/morand-etechnology-ricarica-flash-con-gli-ultracondensatori/) che peró sembrano una tecnologia un pó in disarmo
Vedo che ha letto solo il titolo.
La pensavo anche io così tempo fa.
Però se pensiamo che con le rinnovabili servono grandi sistemi di accumulo, se pensiamo che le stazioni di swap possono avere anche take funzione, se pensiamo che si velocizza il ripristino dell’autonomia senza richiedere potenze elevate con conseguenti picchi… Beh, credo che possano avere senso: fossi in consiglio europeo, penserei ad un obbligo per i mezzi pubblici (taxi, autobus, polizia locale…) per le città più grandi di un tot (da studiare, ovviamente): stabilizzi la rete e garantisci servizi sempre pronti, senza sorprese.