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Aziende, il bilancio ambientale viaggia sulle flotte elettriche

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Le auto aziendali rappresentano da sole quasi il 60% delle immatricolazioni in Italia. L’evoluzione delle flotte aziendali verso le auto elettriche, quindi, può dare un importante contributo al bilancio ambientale delle aziende. Dopo aver fatto il punto con Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan, è la volta di Fabrizio Modica, Head of Marketing e-Mobility di Enel X Italia e di Giovanni Tortorici, presidente dell’Associazione nazionale acquirenti e gestori di Auto aziendali (Aiaga).

flotte aziendali elettriche

La crescita delle auto elettriche all’interno delle flotte aziendali e il loro rapporto con il bilancio ambientale delle società è un trend ormai costante e in sensibile accelerazione. Tuttavia, non tutti gli attori del settore affrontano questo fenomeno allo stesso modo: c’è chi lo cavalca con convinzione, c’è chi tende a sottolinearne invece gli aspetti problematici fino a spingersi verso un vero e proprio scetticismo. Sono due posizioni ben rappresentate da Fabrizio Modica, Head of Marketing e-Mobility di Enel X Italia, e da Giovanni Tortorici, presidente dell’Aiaga, l’associazione che riunisce i fleet manager italiani. Li abbiamo ascoltati in questa chiacchierata.

Flotte: Phev e Bev raddoppiano

«Le auto elettriche o ibride plug-in scelte dalle aziende per le loro flotte raddoppiano di anno in anno– dice Fabrizio Modica di Enel X –. La maggiore presenza di auto elettriche nelle flotte aziendali contribuirà a migliorare il bilancio ambientale delle società». Le stime di mercato elaborate da Motus-E chiariscono questa dinamica: nel 2020 le auto Phev e Bev adottate dalle aziende erano state 23.300, nel 2021, 50.500. Un crescita del 100%. «E consideriamo che, rispetto alla totalità dei veicoli ibridi o elettrici immatricolati in Italia, il canale fleet ha un peso pari a circa il 37%» aggiunge Modica. Un incremento, dunque, che va a scapito delle vetture endotermiche, sia nella fase di avvio del contratto e sia in quella di rinnovo. Sempre più spesso, chi aveva scelto un auto tradizionale per il noleggio e a lungo termine, poi va sostituirla con una più ecosostenibile o elettrica.

Fabrizio Modica, Head of Marketing e-Mobility Enel X

E così, due anni fa – conferma Modica – il 90% dell’immatricolato nel noleggio a lungo termine era rappresentato da auto termiche. Il rimanente 10% era equamente diviso tra auto ibride ed elettriche. Già nel 2021 le immatricolazioni di auto termiche era sceso all’81% con ibride ed elettriche salite al 19%». «Da una prima lettura di queste percentuali – continua – potrebbero sembrare numeri residuali. E invece sono di grande rilievo se letti nel contesto di una costante crescita della mobilità elettrica. Notiamo che, al termine del contratto di noleggio, molti dei nostri clienti sostituiscono l’auto termica con una elettrica».

Ma per i fleet manager “è un percorso forzato”

Un movimento del mercato, che seppure con sfumature molto diverse, è colto anche da Giovanni Tortorici, presidente dell’Aiaga. «L’incremento delle auto elettriche nelle flotte aziendali è ormai un percorso forzato. Le società di noleggio spingono sempre più verso le ibride o le elettriche, con le prime che oggi hanno sicuramente più possibilità di essere selezionate per via dei prezzi di listino ancora elevati per i modelli elettrici e per il contesto generale caratterizzato dalla crisi economica, da quella energetica e dalle incertezze reddituali».

Giovanni Tortorici, presidente di Aiaga

Tortorici rafforza la sue perplessità con le ragioni che spesso irrobustiscono il pensiero degli elettrico-scettici. «La transizione – dice – non si fa con le deadline o gli annunci roboanti. Servirebbe una progettualità che oggi non si intravvede, se non negli investimenti dei costruttori che sono solo una parte, importante, della filiera della mobilità. Come produrre, distribuire e rendere accettabile l’impatto socioeconomico della transizione è tutt’altro che chiaro».

Alla domanda su quale sia, dal punto di vista dei fleet manager, il giudizio sull’uso dell’auto elettrica Tortorici risponde: «I problemi sono sempre gli stessi. Rete di ricarica poco diffusa spesso non funzionante o occupata da veicoli non elettrici, lunghi tempi di ricarica: la cosa migliorerà negli anni, ma non aspettiamoci miracoli. Forse, anziché ricaricare si potrebbe anche pensare a rigenerare le batterie».

“No, sarà come per il telefonino negli anni 90”

Ma le cose stanno proprio così? Dall’osservatorio Enel X, i problemi vengono visti da  un’altra angolazione.

«Siamo di fronte  allo sviluppo di una nuova tecnologia – spiega Modicache, in quanto tale, deve pagare lo scotto di dovere implementare tutti gli elementi che impattano intorno alla user experience del veicolo elettrico. Noi, come Enel X, ci stiamo impegnando per diffondere in maniera capillare le infrastrutture di ricarica su tutto il territorio nazionale. Siamo di fronte a problematiche fisiologiche riconducibili alla fase iniziale di un nuovo modo di pensare i propri spostamenti. Proprio su questo stiamo lavorando in sinergia con i principali car manufactured».

Modica propone un paragone suggestivo. «Prendiamo ad esempio ciò che accadde negli anni Novanta e Duemila con le telecomunicazioni, quando il nostro cellulare non sempre trovava campo. E’ stato necessario attendere che l’infrastruttura avesse una presenza capillare su tutto il territorio. Oggi, nelle telecomunicazioni, non abbiamo più di questi problemi. Possiamo dire che il corso sarà molto simile. Ci stiamo lavorando».

Autonomia e ricarica: servono sinergie

Viene da dire che allora, per le Tlc, era l’intero settore ad affrontare in maniera più o meno coesa la trasformazione. Al contrario, per l’automobile, non tutti i costruttori oggi la vedono allo stesso modo. Senza contare la concorrenza tra produttori di carburanti fossili e costruttori-gestori delle infrastrutture elettriche. «Sono d’accordo – aggiunge Modica – è proprio questa la ragione per cui stiamo lavorando in sinergia con i principali car manufactured della filiera. E’ un risultato che dovremo raggiungere tutti insieme, ognuno per le sue competenze. Ci sarà chi dovrà fare il suo per aumentare l’autonomia delle auto elettriche, chi dovrà impegnarsi per rendere disponibili e capillari le infrastrutture di ricarica. Auspichiamo che, di qui a pochi anni, sarà assolutamente possibile ripercorrere la stessa esperienza fatta nelle telecomunicazioni».

Tortorici (Aiaga): il pachiderma e il filo d’erba

Non ne è convinto il presidente dell’Aiaga. «Quello che serve – dice Tortoriciè un progetto che vada oltre promozioni e incentivi. Un progetto che copra la filiera dalla produzione di energia pulita al suo utilizzo nelle auto elettriche. Anno 2022: in Italia la produzione di energia pulita rappresenta solo il 37%, in Germania siamo appena sotto al 50% e in Cina domina in assoluto il carbone. E si parla da decenni di energia rinnovabile… Stiamo nascondendo un pachiderma dietro a un filo d’erba».

Bilancio ambientale, è la sfida delle flotte

Anche in presenza di un mix di generazione elettrica non ancora interamente rinnovabile, però, l’auto a batteria rappresenta già un sostanziale passo avanti sul piano delle emissioni inquinanti e della sostenibilità ambientale. E le flotte aziendali qui hanno una carta in più  da giocare per contribuire a migliorare il bilancio ambientale delle società da cui dipendono. Dice Modica: «Già oggi, le aziende  hanno l’obbligo di registrare in bilancio l’indice di sostenibilità. Soprattutto i clienti large, quindi le grandi multinazionali». Enel X ha messo a punto perciò uno strumento d’accesso a un portale che consente ai fleet manager di rilevare la quantità di CO2 prodotta da ogni veicolo aziendale. Quantificando così i risparmi di emissioni clima alteranti di ogni veicolo elettrico rispetto a uno, analogo, termico.

Sul piano della fattibilità e dei costi della conversione elettrica, Enel X ha sviluppato per i gestori della flotte aziendali una altro strumento: il Fleet electrification manager (FEM).

In sostanza, spiega Modica, si tratta di una black box da installare sulle auto. «Così rileviamo qualsiasi spostamento del veicolo in un arco che va da uno a tre mesi. Al termine del monitoraggio forniamo al cliente tutti gli elementi per potergli proporre un’auto elettrica idonea a sostituire quella termica appena analizzata».

Dati che concorrono ad analizzare anche il ricorso all’infrastruttura di ricarica aziendale più funzionale. Quindi, punti di ricarica in corrente continua, più rapidi, per chi effettua soste frequenti e brevi e sistemi a corrente alternata, più lenti ma meno costosi, per chi fa soste prolungate sulla media o lunga percorrenza. Da qui deriva poi  la possibilità di acquistare una card di ricarica per i propri dipendenti in funzione del fabbisogno chilometrico mensile o annuale. Questo sistema, oltre a consentire un preciso monitoraggio dei consumi, porterà al superamento della tradizionale carta carburante.

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2 COMMENTI

  1. A mio parere il vero freno alla conversione alle EV di tutte le flotte è proprio la disponibilità di colonnine di ricarica veloci, specie in autostrada. Risolvibile in pochi mesi, se si vuole. C’è qualcuno che sta frenando? Il mio personale calcolatore mi tira fuori numeri clamorosamente a favore delle EV, in termini di costo totale d’uso, ma un fleet manager fa i conti anche con i tempi di viaggio.

  2. Tortorici dice che il metano è fonte inquinante,
    Cingol16 dice che bisogna puntare sul metano per la transizione ecologica.

    Qui non capisco:
    – se il metano viene usato per produrre energia elettrica per la auto elettriche non va bene ed è classificato inquinante;
    – se lo promuove il governo invece non è più inquinante.

    Qui qualcuno fa il furbo.

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