Auto elettriche cinesi: la grande “purga” è iniziata (ma per noi cambia poco)

auto elettriche cinesi

L’economista Giorgio Prodi è appena rientrato dalla Cina – dove pure si reca ogni anno – e ci dice di aver visto «cose che nemmeno si possono immaginare». Per esempio: la guida autonoma di livello 2 utilizzata di routine, la ricarica a 600 kW, aziende come BYD e Huawei con eserciti di decine di migliaia di ingegneri al lavoro su ricerca e sviluppo. La competizione fra produttori è pazzesca. Tanto che il governo di Pechino ha messo mano a una legge per arginare la guerra dei prezzi. Una sorta di legge Antitrust all’incontrario, per evitare che tra i 129 car maker cinesi si verifichi a breve un bagno di sangue. Uno studio del consulente internazionale AlixPartners prevede infatti che solo 15 brand potrebbero sopravvivere nel 2030.

Dal 2018 ad oggi ne sono già spariti oltre 300, falliti o fagocitati dai big. Il settore dell’auto elettrica cinese, insomma, sarebbe sì in rapida espansione, ma è minacciato da una competizione feroce e da una redditività ancora fragile. Anche Prodi parla di un «evidente eccesso di capacità produttiva» che sfocerà nell’uscita dal mercato di tanti piccoli produttori. I principali brand dell’automotive cinese, però,  sono sempre più efficienti e l’industria nel suo complesso pare una corazzata  quasi invincibile.

Molte frecce nell’arco dei car maker cinesi

Ha dalla sua un mercato interno sterminato, dice,  che garantisce ai big «le economie di scala e i volumi necessari ad ammortizzare gli enormi investimenti in innovazione  ed efficienza produttiva». Non a caso la Cina da sola ha installato quest’anno metà di tutti i robot installati nel mondo.

Catl lancia il primo impiego industriale al mondo di robot umanoidi

Controlla «l’intera filiera dell’auto elettrica», dai motori alle batterie, dall’elettronica al software. Agisce sulla base di una «strategia ben definita e decisioni prese già vent’anni fa».

Il settore ha beneficiato in passato di generosi sussidi pubblici, ora quasi azzerati. Gode di  un costo del lavoro inferiore  rispetto ai concorrenti occidentali, ma solo per i livelli lavorativi più bassi, non per ingegneri e ricercatori. Quindi «la sfida è molto più complessa di come viene raccontata: si gioca  sull’innovazione, la ricerca, la tecnologia. Abbiamo di fronte aziende molto grandi e molto efficienti: non illudiamoci di poter colmare il ritardo in due o tre anni».

Dazi e quote non salveranno l’auto europea

I dazi sulle elettriche non hanno impedito ai costruttori cinesi di guadagnare quote del mercato europeo spostando l’acceleratore sulle ibride. I nuovi negoziati in corso per sostituire i dazi con quote di importazione e prezzi minimi (uno schema adottato negli anni 90 contro le giapponesi) rischiano di «concedere agli esportatori cinesi nicchie di mercato garantite ad alto margine di guadagno».

auto elettriche cinesi
I costruttori di auto elettriche sono 129 in Cina. nel rimarranno 15 nel 2030

La difesa dell’automotive europea è quindi  tutta in salita. «Bruxelles si è data obiettivi di decarbonizzazione ambiziosi senza adottare le politiche necessarie a raggiungerli -conclude Prodi ricalcando le premesse del Piano Draghi sulla competitività europea -. Può e deve farlo ora, mettendo però in conto che non bastano più le mezze misure: serve un drammatico salto dimensionale delle risorse per gli investimenti».

L’analisi di AlixPartners non giunge a conclusioni molto diverse, ma mette in luce alcuni elementi di fragilità dell’industria cinese; per esempio la bassa redditività. Concludendo che non assisteremo a un’invasione indiscriminata dell’Europa, almeno a breve.

auto elettriche cinesi

Redditi e vendite sott’occhio: solo in cinque fanno utili

Nel 2024 solo cinque marchi – BYD, Tesla, Li Auto, Seres e Huawei – sono riusciti a generare profitti nel comparto elettrico. Anche nomi molto noti come Nio e Xpeng continuano a bruciare capitale, pur mostrando segnali di miglioramento.

Le vendite di veicoli elettrici e ibridi plug-in in Cina continuano a crescere, arrivando a rappresentare oltre la metà delle immatricolazioni. Ma l’aumento dei volumi non basta a garantire la sostenibilità economica, soprattutto in un mercato caratterizzato da una guerra dei prezzi permanente.

Secondo Zhu Xican, professore di ingegneria automobilistica all’Università di Tongji, i costruttori che non superano i 2 milioni di veicoli venduti l’anno difficilmente potranno sopravvivere nel lungo periodo. Un’asticella altissima, che esclude automaticamente decine di marchi minori.

Le auto elettriche BYD sono tra le più vendute nel mercato cinese

Nuove regole dal 2026: consumo massimo di 15,1 kWh/Km

Un ulteriore elemento di sfida per i costruttori cinesi è il nuovo standard nazionale obbligatorio che regolerà il consumo energetico dei veicoli passeggeri esclusivamente elettrici a partire dal 1° gennaio 2026. Il regolamento è il primo standard obbligatorio al mondo per il consumo energetico dei veicoli elettrici con efficacia giuridica diretta sui modelli di nuova produzione. Stabilisce soglie vincolanti di consumo di elettricità, differenziate in base al peso a vuoto del veicolo e alle caratteristiche tecniche, ma mediamente inferiori dell’11% rispetto ad oggi. Le vetture con peso di due tonnellate, per esempio, non potranno consumare più di 15,1 kWh di elettricità per 100 km. L’autonomia dovrebbe aumentare così del 7% circa a parità di batteria.

Alcuni big come BYD e Geely vantano già modelli che soddisfano questo requisito, ma tantissimi altri costruttori dovranno apportare radicali modifiche alle proprie vetture o ritirarle dal mercato. Anche per questo, commenta Prodi, i limiti di prezzo massimo sul mercato interno (e quelli minimi per l’export in Europa) «non impediranno alle case auto cinesi più innovative di affermarsi sui concorrenti»

LEGGI ancheIl 2035 “flessibile” dell’auto Ue: una boccata d’ossigeno, ma a breve termine” e guarda il VIDEO

 

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