Auto elettrica: “Il software farà miracoli, anche in curva”

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L’auto elettrica ha un asso nella manica: il software. La renderà più sicura, più efficiente e a misura del conducente. Lo dice Pure Power Control (P2C), azienda che scrive gli algoritmi dei sistemi elettronici di controllo per Ferrari, Maserati, Magneti Marelli e molti altri costruttori.

Un computer con le ruote: quindi…

Se è vero quel che si usa dire, e cioè che l’auto elettrica “è un computer su ruote“,  non si capisce perchè si parli tanto di hardware e così poco di software. L’esempio dei computer ci dimostra invece che proprio sul software si gioca la sfida fra i big del settore. Generando tra l’altro nuove professionalità e posti di lavoro anche in Europa e in America dove pur non si produce un solo Pc.

Questa semplice constatazione, per inciso, dovrebbe far riflettere chi (leggi) in questi giorni strepita sul rischio che l’abbandono del motore a scoppio faccia strage di occupazione nell’automotive, solo perchè il powertrain elettrico ha un terzo dei componenti rispetto a quello termico.

Nuovi scenari per l’auto del futuro

Ma non è di questo che vogliamo parlare, bensì delle nuove prospettive che la digitalizzazione sta aprendo alle quattro ruote del futuro.

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Nell’auto elettrica del futuro sarà il software a fare la differenza

 

Le tendenze prevalenti sembrano essere due.

-La prima è una personalizzazione sempre più spinta di ogni singola vettura,  grazie anche all’introduzione diffusa dell’intelligenza artificiale.

-La seconda è l’ ottimizzazione delle caratteristiche specifiche della trazione elettrica in funzione della sicurezza e della guidabilità. Entrambe per merito del software scritto per i “computer su ruote”.

Auto elettrica e software: la versione di Balluchi (P2C)

Andrea Balluchi

Questa è l’opinione di Andrea Balluchi CEO della toscana Pure Power Control (P2C). Balluchi è l’ingegnere elettronico (ex docente universitario a Pisa dove insegnava controlli automatici e robotica industriale) che nel 2008, assieme all’ingegner Emanuele Mazzi, fondò P2C, una delle prime aziende italiane nate per sviluppoare e integrare sistemi di controllo elettronico per powertrain elettrici.

Nel track record di Pure Power Control ci sono collaborazioni con aziende del calibro di Dana Corporation, Intecs, Ferrari GT,  Ferrari Gestione Sportiva, Magneti Marelli, Cannon, CNH Industrial, Artimo Robotics, Eldor, Maserati. Quasi inevitabile perciò lo sbarco nel cuore della Motor Valley, a Modena, dove dal 2018 si è trasferita gran parte dell’attività di Ricerca e Sviluppo. L’automotive copre quasi la metà del fatturato, ma P2C spazia anche dalle macchine operatrici alla nautica fino all’automazione industriale.

A Dubai con il software del trattore a idrogeno

Ai primi di gennaio P2C sarà all’Expo di Dubai con una delegazione di aziende emiliano-romagnole del Cluster Mech. Presenterà un sistema di gestione di powertrain ad idrogeno fuel cell per macchine agricole, integrato con elementi di guida autonoma. In sostanza, il “cuore” di una nuova generazione di trattori robotizzati ad idrogeno.

«L’auto termica _ spiega Balluchi _ è un prodotto “chiuso”: l’elettronica è un tutt’uno con la meccanica e non può che supportarne l’efficienza e le prestazioni. Nell’auto elettrica tutto cambia: l’intergazione elettronica degli elementi base, batteria-inverter-motore, consente una gamma quasi infinita di combinazioni. Una flessibilità quasi assoluta nell’utilizzo degli elementi dati, che sono l’energia disponibile e la potenza di picco del motore».

L’auto elettrica che apprende pregi e difetti del pilota

Partendo dal medesimo hardware, quindi, l’auto digitale può perseguire obiettivi diversi. «Oggi i costruttori ci chiedono di ottimizzare l’uso dell’energia, perchè il focus generale è sull’autonomia. Già sappiamo, però, che quando la rete di ricarica sarà più efficiente e capillare e il rifornimento più veloce, potranno essere privilegiate altre caratteristiche. Anche i veicoli già in strada potranno essere via via aggiornati alle nuove esigenze. Nelle ibride, invece, l’imperativo è oggi rientrare nei limiti delle emissioni».

Sempre in tema di flessibilità, assisteremo probabilmente a un moltiplicarsi delle modalità di marcia, andando ben oltre il classico Eco-Comfot Sport e i due o tre livelli di frenata rigenerativa. Avremo addirittura l’autoapprendimento delle abitudini di guida del proprietario. «Grazie all’intelligenza artificiale _ continua Balluchi _ il veicolo imparerà a riconoscere il pilota fornendogli le modalità di guida più adeguate alle sue preferenze. Ma potrà addirittura intervenire per correggere i suoi comportamenti nocivi o pericolosi».

La tenuta in curva? Tutto un gioco di motori

Proprio la sicurezza è il secondo pilastro della strategia elettrica futura. «La possibilità di avere un powertrain con più motori elettrici consente l’integrazione fra controllo del telaio e controllo della trazione» spiega Balluchi.

Nelle auto tradizionali la gestione elettronica delle dinamiche laterali in curva può contare solo sull’intervento dei freni. Una soluzione poco efficiente e grossolana.

Un’auto elettrica con due o più motori, invece, permette di stabilizzare l’assetto in curva modulando con precisione assoluta la spinta dei propulsori sui due assi. O addirittura sulle singole ruote, quando i motori diventano tre (due sull’asse posteriore, come sempre più spesso avviene nelle vetture elettriche ad alte prestazioni, e uno su quello anteriore).

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«Prima dell’avvento dell’elettrico _ spiega Balluchi _ avevamo due mondi distinti: la dinamica laterale veniva gestita attraverso i freni e quella lungitudinale attraverso il motore. Oggi i due motori elettrici sull’assale posteriore esercitano le due funzioni: avanzamento e contributo alla corretta percorrenza in curva. Il tutto con molta più precisione e molte più opzioni a disposizione». Quindi, in prospettiva, potremo presto avere auto elettriche con una tenuta di strada decisamente superiore a quella delle migliori auto termiche.

Due sfide: cybersicurezza e iper affidabilità

iSempre in tema di sicurezza Balluchi sottolinea altri due aspetti. Indubbiamente, dice, la gestione elettronica di un powertrain elettrico presenta potenziali rischi: «Quando nessun azionamento è più meccanico e tutto è pilotato dall’elettronica, un guasto o un impulso non coerente può avere conseguenze gravissime. Perciò il software richiede validazioni molto più accurate e un costante monitoraggio del corretto funzionamento».

Il secondo problema riguarda la cybersicurezza, cioè la protezione del sistema da intromissioni dall’esterno. «Questo è un tema molto delicato _ spiega Balluchi _ che ogni casa automobilistica affronta al proprio interno con team specializzati. L’inviolabilità è una priorità assoluta».

Al pilota informazioni più precise in tempo reale

Chiediamo a Balluchi se prevede che, in un futuro prossimo, i quadri di bordo mettano a disposizione informazioni più attendibili su autonomia, prestazioni, consumi, salute del veicolo. «Non abbiamo mai lavorato sui quadri di bordo _ risponde _ ma penso che il linea teorica sarebbe fattibile. Noi disponiamo di tutte le informazioni necessarie, compresa l’efficienza del veicolo e lo stile di guida. L’autonomia, però, ha a che fare con la predizione del futuro e questo complica di molto gli algoritmi. Come per l’intelligenza artificiale, anche in questo caso sarebbe necessario dotare i veicoli di grandi capacità computazionali».

Stesso problema _ la capacità computazionale _ dei sistemi più avanzati di guida autonoma. Secondo Balluchi «sarà interessante studiare le integrazioni fra gestione dell’elettrinica di bordo sistemi di lettura ed interpretazione dell’ambiente esterno». Potenzialmente, aggiunge, la trazione elettrica, per precisione, accuratezza e velocità di risposta si presta molto meglio di quella termica  alla guida autonoma. «Ma i problemi ancora irrisolti riguardano la percezione dell’ambiente.  Un conto è far circolare in sicurezza veicoli senza conducente  in contesti semplificati, come un campo, un magazzino, un circuito stradale chiuso, un complesso portuale; un altro è farli convivere con ambienti complessi e imprevedibili come il traffico urbano o autostradale. Perciò prevedo che la soluzione non sia a breve».

 

Visualizza commenti (7)
  1. Paolo Perotti

    Scusatemi: mi sembrano commenti di persone che citano la Tesla Model 3 ma, non hanno percorso nemmeno 500 km guidandola prersonalmente.

    L’articolo dimostra che le case automobilistiche legacy (ovvero quelle che sono ancora legate alle modalità di produzione dei decenni passati stanno innovando ancora troppo lentamente.
    I costruttori di auto NON hanno ancora capito che il controllo del powertrain a tutti i livelli ed il SW della vettura devono far parte di un progetto UNITARIO che deve essere sviluppato, testato ed aggiornato globalmente.

  2. Quando leggo certi commenti mi viene sempre da pensare ma perché un auto stradale dovrebbe essere giudicata sulle prestazioni xhe può avere in pista??
    Qui si sta parlando di sicurezza migliorata nella auto ad uso quotidiano guidate da persone normali (che spesso se gli dai un auto xon 0 controlli xhe ti trasmette tutto quello che vuoi alla prima curva andrebbero in testacoda perché non capaci di controllare l’auto) nella vita di tutti i giorni….
    Per queste situazioni, che con la guida sportiva in pista da parte di piloti nulla c’entra, che l’auto xomunichi o no poco serve, serve invece che sia in grado di rimediare alle cavolate che fa l’automobilista medio… è se lo fa in modo autonomo ed automatico tanto meglio perché non si può dare per scontato che un automobilista medio sappia riprendere in controsterzo un auto “comunicativa” xhe ti introversa in curva..

  3. Intanto proverei a fare un passo avanti. Le elettriche del futuro potrebbero puntare sulla soluzione di 4 motori, ovvero un motore elettrico per ruota e avere 4 ruote sterzanti, proprio per poter avere la migliore distribuzione della potenza in curva. Visto che conosco i miei haters solitamente disinformati, anticipo le loro obiezioni e quindi li informo che il Cybertruck sarà così: 4 motori e 4 ruote sterzanti, parola di Musk.

    L’auto elettrica, oggi, si guida “male” come una Bugatti Veyron. La Veyron la guidi “sparandola” da una curva all’altra (come fosse un missile), ma poi quando arrivi in curva devi frenare tanto perché è un’auto pesante (come fosse un camion dei pompieri). Le elettriche sono così, poco guidabili e veloci in curva (avete mai visto il confronto tra una Giulia Quadrifoglio e una Model 3 Performance di Chris Harris?) ma grazie alla coppia e potenza istantanea finiscono per compensare questo limite in rettilineo, ottenendo talvolta anche tempi migliori rispetto alle auto a benzina.

    Il vero problema, a mio avviso, non è rendere l’elettrica più veloce in curva (cosa fattibile per i discorsi già anticipati nell’articolo): il vero problema è renderla più “go kart”. Quando hai un berlinone e vuoi farlo andare forte in curva, puoi sempre montare pneumatici più larghi e performanti, sospensioni più evolute, appendici aerodinamiche, ottimizzare elettronica e differenziali: alla fine ce la fai, riesci a piantarla su strada, se davvero lo vuoi. Ma rimarrà una “distanza” tra il guidatore e l’auto.

    Per spiegarlo, dovreste aver guidato una vecchia Z4 o una SLK, entrambe di 15 anni fa. Andavano anche forte, ma lo sterzo non era comunicativo: tu giravi e l’auto girava ma non c’era feedback, non “sentivi” l’auto, sapevi che avrebbe fatto la curva perché l’auto è fatta per curvare. Guidarle sul bagnato era un incubo. Quando invece guidi una Lotus o una Alfa Romeo 4C e curvi, sei “connesso” all’auto, la senti curvare. Entrambe curvano, ma nel primo caso c’è un “filtro” tra il tuo comando e la “magia” che succede dopo, nell’altro caso c’è una connessione forte pilota-auto-telaio.

    La strada giusta, a mio avviso, è quella del prototipo della Nissan Ariya Single Seater, ovvero puntare con forza sulla leggerezza, ovvero sul “giusto peso” che l’auto deve avere. L’obiettivo di chi guida, infatti, non è battere il record in pista o fare un curvone in autostrada a 300 km/h lasciando che sia l’elettronica a curvare al posto suo ma è “sentire” l’auto in curva e soprattutto poterla “domare” agevolmente. L’elettronica dovrebbe contribuire a restituire questa sensazione e non sostituirsi al guidatore.

    1. Proprio perché il confronto non deve essere la pista, prova a farlo nella vita normale tra una Model 3 LR ed una Giulia (o qualsiasi altra berlina di segmento D) non preparata per le gare (come invece la Quadrifoglio è) e poi mi dici se il piacere di guida (o anche le performances) è lo stesso. Per non parlare della sicurezza in condizioni di bagnato o fondo scivoloso, dove una Giulia Quadrifoglio prende la paga persino da una Model 3 LR, che ha un controllo sui due assi decisamente più preciso ed immediato. Fattelo dire da uno che con condizioni difficili ci ha a che fare parecchi giorni l’anno.

    2. Enzo, da appassionato non posso che capire quanto scritto, ma è applicabile ad una risibile percentuale di guidatori… (Non piloti: guidatori), per cui quello che conta è altro, a mio parere.
      Non si può soddisfare le 0,1% di utenti a scapito della restante parte dove una considerevole percentuale ignora persino quali siano le ruote di trazione.
      Nell’uso pratico se anche il veicolo è muto ma stabile, vince su quello chiacchierone ma domabile solo se sai farlo. La pista è un’altra cosa e la velocità e condizioni medie di utilizzo sono lontanissime. My 2 cents.

      1. Guido hai assolutamente ragione, è proprio come dici tu. Infatti molti tester l’hanno evidenziato anche sulle ice: la stabilità che negli ultimi anni hanno garantito l’hanno fatto a discapito del piacere di guida ma questo proprio in virtù del fatto che, come scrivi tu, oggi l’utente medio guarda solo alla stabilità

        1. Oggi mi sono distratto, mentre guidavo, lo ammetto: mi è caduta una cosa che avevo sul sedile passeggero per una frenata e stavo guardando dove fosse caduta, facendo alcuni tentativi di vederla. L’allarme della macchina e il suo rallentamento automatico mi hanno salvato da un sicuro tamponamento. Ho benedetto la tecnologia (Model 3).
          Sì, da una parte mi ha reso impossibile sentire la strada, dall’altra mi ha reso tollerabile guidare nel traffico, prima lo odiavo, non era più “piacere” di guida, era odio e insofferenza verso tutti gli altri. Oggi mi lascio coccolare dalla macchina e il resto “è fuori”. Cambio di paradigma e non è solo l’età che avanza…

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