La Cina prepara una stretta sulle esportazioni di auto elettriche vendute come nuove, quando in realtà erano chilometri zero. Dal 1° gennaio scattano le nuove regole volute dal governo di Pechino. Costruttori e operatori dovranno ottenere un’autorizzazione preventiva dalle autorità di Pechino prima di poter vendere veicoli elettrici all’estero.
Le prime denunce sono del giugno scorso, rilanciate dalle rivelazioni dell’agenzia Reuters. A partire dal 2019, migliaia di auto elettriche cinesi sono arrivate nei mercati occidentali, in Russia, Medioriente e Asia Centrale con lo status di veicoli “nuovi”. In realtà, si trattava di veicoli già immatricolati dalle concessionarie, e quindi giuridicamente considerate usate. Molti acquirenti se ne sono resi conto soltanto dopo l’acquisto, con conseguenti difficoltà nella gestione delle garanzie e dei servizi post-vendita. Un danno non solo per i clienti, ma anche per la reputazione delle case automobilistiche.
Nuova regole dal 2026: stretta sulle esportazioni di auto. Le stesse già entrate in vigore per ibride e termiche
Dopo aver studiato la situazione, ora il governo cinese ha deciso di prendere adeguate contromisure. La direttiva annunciata da Pechino stabilisce che l’export di veicoli elettrici sarà consentito solo a fronte di piena trasparenza. Ogni azienda dovrà richiedere il permesso alle autorità centrali, che potranno bloccare le spedizioni qualora emergano irregolarità. Per le auto tradizionali e ibride, norme simili sono già entrate in vigore.
Con questa misura il governo cinese intende limitare l’impatto di una pratica che negli anni si è trasformata in un sistema parallelo di vendita, alimentato da incentivi economici e da una forte pressione sui costruttori a gonfiare i numeri di mercato interni.
Secondo Reuters, ecco come funziona il meccanismo dei “chilometri zero”. I veicoli vengono immatricolati in Cina senza passare dalle concessionarie, trasferiti direttamente agli esportatori e inviati oltreconfine. In questo modo risultano vendite “domestiche”, mentre in realtà finiscono per alterare i mercati esteri, grazie a prezzi abbassati dai consistenti sussidi statali. Solo nel 2024 sarebbero stati esportati in questo modo circa mezzo milione di veicoli, in gran parte alimentati a benzina ma con una quota crescente di elettrici.
Dietro al sistema ci sarebbero almeno venti enti locali, coinvolti nell’accelerare le pratiche, rilasciare licenze aggiuntive e perfino costruire depositi gratuiti per lo stoccaggio delle vetture destinate all’export.
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La guerra dei prezzi e i riflessi sull’Europa: gli accordi commerciali tra Ue e Cina potrebbero saltare
Il fenomeno è nato nel 2019, all’interno di una strategia di sostegno all’industria automobilistica nazionale. La lunga “guerra dei prezzi” interna ha spinto le case a trovare sbocchi all’estero, con il supporto diretto del governo centrale.
Le ripercussioni non si fermano ai mercati emergenti: mentre Bruxelles e Pechino discutono sull’ipotesi di ridurre i dazi sulle elettriche, episodi come questi rischiano di minare la fiducia reciproca. Se la pratica dei “chilometri zero” continuerà, gli accordi commerciali tra Unione Europea e Cina potrebbero saltare, aprendo un fronte di tensione in un settore cruciale per la transizione energetica.
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