Amie DD fa ancora discutere. Ingegnere, con una forte progressione a trasgredire (ha i capelli verdi e il corpo ricoperto di tatuaggi), la giovane informatica americana continua a usare il suo braccio destro come chiave per aprire il suo Model 3. Dopo essersi impiantata il chip contenuto dalla card che la Tesla fornisce come chiave.
Così non dimentica le chiavi della Tesla
Non è il primo essere vivente a cui si impianta un chip sottocute. Lo si fa con i cani, per identificarli, e con altri animali per diversi scopi. Ma in un essere umano la cosa fa parecchio discutere. Soprattutto da quando Amie DD, ai primi d’agosto, ha postato un video (sotto) in cui spiega quel che ha fatto.
Non che le Tesla mancassero di opzioni per sbloccare e avviare l’auto. È possibile utilizzare lo smartphone, un portachiavi a forma di automobile o una card magnetica, che risulta utile se non si dispone di un telecomando o il telefono si è spento. Ma alla ragazza (qui il profilo Twitter) non bastava e ha trovato il modo di non dimenticare mai la chiave dell’auto. Anche se da allora le ironie sulla rete si sono sprecate. Tipo: ma ad ogni auto che cambia deve impiantarsi un chip nuovo?
Il video fatto il botto per visualizzazioni
Il video, per la verità , mostra l’impianto, ma non il funzionamento della chiave-braccio. La giovane, che ha un passato come programmatore e ideatrice di video-giochi, ha sciolto la card usando acetone e l’ha fatta racchiudere in un biopolimero. Da lì, è andata in uno studio medico specializzato per farsi impiantare il chip (delle dimensioni di una mini figura di Lego). Nella sua pagina su Hackaday.io spiega come ha realizzato quello che sicuramente deve essere considerato il massimo del body hack. Per ora. Facendo poi sapere ad Elon Musk di che cosa era stata capace con il tweet sotto.
Ma fin dove ha senso spingersi?
Amie DD conferma che tutto funziona, anche se il braccio per un po’ è rimasto gonfio dopo l’impianto. Ma non è questo che ci interessa qui. Ci preme aprire una discussione sulla tecnologia che veramente serve per. migliorare la nostra vita. E quella che invece è utile soprattutto per fare spettacolo. Per raccogliere  clic e farsi un po’ di pubblicità a basso prezzo.
È chiaro che questa discussione non riguarda solo l’auto. Ma in questo momento, con l’avvento della mobilità elettrica, è proprio in questo settore che se ne sente ogni giorni una nuova. Quel che diciamo è: mai perdere di vista la vita vera delle persone. Ma è soprattutto è il vostro parere che ci interessa. Non vogliamo sapere se vi impiantereste il chip come chiave dell’auto nel braccio. Ma sapere fin dove ci si può spingere, ecco, questo ci interessa assai.
Più che dove mi spingerei io, la questione vera è dove si spingeranno i giganti mondiali dell’elettronica/informatica, che stanno stringendo legami sempre più stretti con i fornitori di mezzi di trasporto.
Perché è indubbia e personalmente verificabile da ciascuno di noi al costo di poche decine di euro la tendenza a inserire negli elettrodomestici e nell’elettronica di consumo funzioni di riconoscimento degli ambienti e delle persone.
Le chiavi, che siano di ferro, di plastica, elettroniche o un semplice codice si possono sempre perdere, smarrire, dimenticare. Mentre l’individuo, o il luogo, quando serve può essere sempre riconosciuto, individuato.
Se Amazon Echo o Google Home sono in grado di riconoscere la nostra voce nel 2019 e costano in fabbrica pochi euro, mi aspetto che tra qualche anno l’automobile mi sbloccherà la portiera alla quale mi avvicinerò, perché mi avrà riconosciuto mentre arrivavo nei pressi del veicolo e, sedutomi, mi chiederà “Emanuele, dove vuoi andare?”, oppure “Emanuele, dove vuoi che ti porti?”, se i veicoli autonomi saranno legali.