AIE: il picco dei fossili entro il 2030. L’energia pulita avanza, la COP30 arranca

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Per la prima volta il mondo “vede” una data per invertire il trend ascendente della crisi climatica: è il 2030, quando si raggiungerà il picco delle emissioni di CO2 e inizierà un percorso virtuoso verso l’energia pulita a emissioni nette zero: una svolta storica. E’ quanto sostiene il rapporto dell’ AIE presentato ieri, mentre a Belém, in Brasile, i lavori della COP30 stentano a decollare, fra le divisioni europee e la retromarcia dell’America in versione Trump.  

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Foto di gruppo all’apertura della COP30 in Brasile

Quasi quarant’anni di sforzi per abbattere le emissioni climalteranti di origine umana (il protocollo di Kyoto fu firmato nel 1997) ne hanno semplicemente rallentato la crescita: più 30% dal 2000 ad oggi, ma “solo” il 9% negli ultimi dieci anni, dopo l’ Accordo di Parigi.  Resta il fatto che negli ultimi 30 anni le emissioni  hanno superato quelle fatte registrare nei precedenti 100.

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Il World Energy Outlook 2025 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) stima però che che entro il 2030 la domanda globale di petrolio e carbone raggiungerà il suo picco, aprendo definitivamente l’era delle rinnovabili. Anche nello scenario più prudente, quello del proseguimento delle politiche attuali, quindi senza ulteriori ambizioni, l’inarrestabile avanzata di energie pulite sempre più competitive sostituirà progressivamente i carburanti fossili.

La vera sfida è evitare che la fame di energia, con il boom dei data center e dell’intelligenza artificiale, alzi ancora l’asticella della  decarbonizzazione.  Le energie rinnovabili sono oggi più economiche dei combustibili fossili, ma la volontà politica, quella che dovrebbe imprimere un “cambiamento di paradigma”, sembra ancora mancare.

Perciò il positivo messaggio che arriva dall’AIE non deve fare abbassare la guardia ai 190 Paesi riuniti a Belém: la COP30 deve concludersi con qualche risultato concreto sui molti dossier aperti che riguardano  foreste, finanza climatica e adattamento.

AIE: l’era dell’elettricità prende forma ed è inarrestabile

Dopo le pressioni politiche dagli Stati Uniti di Trump, l’AIE ha reintrodotto nel suo rapporto lo scenario “Current Policies”, che considera solo le misure oggi in vigore. Eppure, anche in questa visione più conservativa, le rinnovabili dominano la crescita globale, segno di una transizione ormai strutturale e irreversibile.

Nel suo scenario centrale (STEPS), l’AIE prevede che petrolio e carbone toccheranno il picco entro il 2030, mentre il gas naturale crescerà solo di un modesto +10% rispetto ai livelli attuali. È un chiaro segnale del cambio di paradigma energetico globale. Per l’Italia e l’Europa, grandi importatrici di gas, suona un campanello d’allarme: evitare di bloccare risorse in infrastrutture obsolete che rischiano di diventare zavorre economiche, ma accelerare invece su rinnovabili, reti e accumuli.

Il WEO 2025 mette in primo piano la sicurezza energetica, legandola allo sviluppo di reti intelligenti e sistemi di stoccaggio. Senza investimenti massicci in questi ambiti, avverte l’AIE, l’elettrificazione rischia di arenarsi. Un messaggio ribadito anche alla COP29 e ora al centro del dibattito della COP30.

Data center e IA: la nuova fame d’energia

La crescita dei data center e dell’intelligenza artificiale rappresenta la prossima grande sfida energetica. Già nel 2025, gli investimenti globali nel settore supereranno 580 miliardi di dollari, più di quanto si spenderà per l’estrazione di petrolio. Come garantire che la rivoluzione digitale non comprometta quella climatica? La risposta, secondo l’AIE, è alimentare i data center con fonti rinnovabili e dotarli di efficienza energetica avanzata.

COP30 a Belém: foreste, promesse e assenze

Mentre l’AIE traccia la rotta globale, la COP30 in Brasile mostra le contraddizioni della politica climatica. La conferenza, ospitata ai margini dell’Amazzonia, vuole simboleggiare la centralità della natura nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, la realtà logistica e politica è più complessa: infrastrutture insufficienti e fondi ancora incerti per il nuovo strumento proposto dal Brasile, la Tropical Forests Forever Facility (TFFF).

Pensato per finanziare la conservazione delle foreste tropicali, il fondo ha raccolto 5,5 miliardi di dollari in impegni, con l’adesione di 53 Paesi.  Francia, Norvegia e Germania hanno contribuito con 2,5 miliardi, mentre l’Italia, nonostante l’appello del WWF per una partecipazione attiva, è rimasta silenziosa, senza confermare i fondi promessi per il clima alla COP28.

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La città di Belém, alla foce del Rio delle Amazzoni

I dossier chiave della COP30: adattamento, finanza climatica e piani nazionali

Dietro i simboli e i discorsi, la COP30 è un banco di prova per la credibilità del sistema multilaterale. Sul tavolo ci sono almeno quattro grandi dossier che determineranno il futuro dell’azione climatica globale.

1. La finanza per il clima.

La “Baku-to-Belém Roadmap”, presentata alla vigilia del vertice, punta a mobilitare 1,3 trilioni di dollari l’anno entro il 2035 per sostenere la transizione nei Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo è rendere la finanza climatica più equa ed efficace, con un ruolo attivo di banche pubbliche e investitori privati. Ma restano i dubbi su governance e tempi di attuazione.

2. L’adattamento ai cambiamenti climatici.
Il Brasile vuole che questa sia la “COP dell’adattamento e dell’attuazione”. I Paesi del Nord globale – in particolare Irlanda, Paesi Bassi, Francia e Regno Unito – sono chiamati a rispettare il Glasgow Pledge da 40 miliardi di dollari entro il 2025, destinato a sostenere le comunità più vulnerabili. L’UNEP avverte che i fondi attuali sono dieci volte inferiori al necessario.

3. Il Global Stocktake e i nuovi NDC.
L’obiettivo è aggiornare i piani nazionali di riduzione delle emissioni (NDC) per portarli in linea con gli 1,5 °C dell’Accordo di Parigi. L’Unione Europea ha già consegnato un NDC aggiornato, che prevede una riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. L’Italia, invece, non ha ancora reso noti i dettagli del proprio contributo.

4. La giustizia climatica e il razzismo ambientale.
La Dichiarazione di Belém riconosce che la crisi climatica è anche una crisi di disuguaglianze. Il Brasile ha proposto un testo innovativo contro il razzismo ambientale, sottoscritto da numerosi Paesi latinoamericani e africani. Un tema quasi assente nel dibattito europeo, ma cruciale per costruire fiducia e cooperazione tra Nord e Sud del mondo.

L’Italia batte un colpo, ma solo sui biocarburanti

In un momento in cui rinnovabili, accumuli e mobilità elettrica sono il fulcro delle politiche industriali globali, l’Italia resta ai margini della nuova economia verde.

L’unica presa di posizione concreta del nostro Paese è stata sottoscrivere il documento proposto il Ministero degli Affari Esteri brasiliano per i Combustibili Sostenibili noto come Belém 4x. L’obiettivo è  creare un sostegno politico di alto livello per quadruplicare la produzione e l’utilizzo di di biocarburanti entro il 2035. Ma il progetto è fortemente osteggiato dalla comunità scientifica.

Biocarburanti bocciati alla prova-efficienza del prof. Armaroli

 

In una lettera aperta alla Cop30 firmata da oltre 100 studiosi da tutto il mondo si sottolinea il rischio che l’espansione incontrollata dei biocarburanti aumenti  le emissioni, distrugga ecosistemi e aggravi  fame e povertà in molte parti del mondo . Finirebbe così per «bruciare la nostra strada verso lo zero netto, a spese delle foreste, del cibo e delle generazioni future» conclude la lettera. Tra i firmatari anche Nicola Armaroli, dirigente di ricerca presso il Consiglio nazionale delle Ricerche che ha preso posizione ieri con un’intervista alla Stampa.

  • LEGGI anche “Petrolio al lumicino: rinnovabili subito o sarà guerra per l’energia” e guarda il VIDEO

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