Ancora poche settimane e via alle regole per gli incentivi, fino al 40%, destinati all’agrivoltaico: il fotovoltaico che convive con l’attività agricola e fa risparmiare le aziende agricole
I benefici dell’incentivo: oltre il 40% la tariffa incentivante
Un passo avanti nella misura finanziata dal Pnrrr grazie alla pubblicazione nei giorni scorsi del decreto del ministero dell’Ambiente. Arrivato dopo l’approvazione della Commissione europea e della Corte dei Conti. Mancano solo le proposte del GSE (gestore servizi elettrici) sulle regole operative e l’attivazione della piattaforma per accedere ai finanziamenti.

Le aziende agricole riceveranno, quindi, contributi fino al 40% dei costi ammissibili con questi parametri: massimo 1.700 euro per kW installato nel caso di impianti agrivoltaici avanzati di taglia fino a 300 kW, e di 1.500 euro il kW per taglie superiori.
Più la tariffa incentivante per l’energia elettrica immessa in rete. Vediamo nel dettaglio. “Per gli impianti di potenza non superiore a 200 kW, il GSE provvede direttamente al ritiro e alla vendita dell’energia elettrica, erogando, sulla produzione netta immessa in rete, la tariffa spettante in forma di tariffa omnicomprensiva“.
Ma si può scegliere anche l’alternativa offerta “per gli impianti di potenza superiore a 200 kW dove l’energia elettrica prodotta resta nella disponibilità del produttore, che provvede autonomamente alla valorizzazione sul mercato“.
Il GSE calcola “la differenza tra la tariffa spettante e il prezzo dell’energia elettrica zonale orario e: 1) ove tale differenza sia positiva, eroga gli incentivi applicando una tariffa premio, pari alla
predetta differenza, sulla produzione netta immessa in rete;
2) nel caso in cui tale differenza risulti negativa, conguaglia o provvede a richiedere al soggetto titolare gli importi corrispondenti“.

Il GSE eroga gli incentivi per venti anni, corrispondente alla vita utile convenzionale degli impianti.
Un miliardo di euro per 1,04 Gigawatt

Vediamo le risorse disponibili. I contributi in conto capitale alle aziende sono coperte grazie a 1 miliardo e 98 milioni del Pnrr; più in specifico l’investimento 1.1 (Sviluppo agro-voltaico) della
Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione ecologica) e Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile). Questi i riferimenti normativi.
L’obiettivo è realizzare almeno 1,04 Gigawatt di nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Come si legge nel decreto: “Una potenza complessiva pari almeno a 1,04 GW ed una produzione indicativa di almeno 1.300 GWh/anno“.
Non si deve compromettere l’attività agricola
Il Pnrr ha già finanziato interventi per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili con il Parco Agrisolare. Attenzione ben diverso dal fotovoltaico a terra che nella gran parte dei casi sacrifica la terra fertile, seppure esistano soluzioni che permettono per esempio la coltivazione degli ortaggi, visto che la misura ha finanziato impianti fotovoltaici da installare sui tetti delle strutture delle aziende agricole.

Una misura di successo, un overbooking di richieste che ha portato a individuare altri 800 milioni da collocare sull’intervento (leggi qui), che guarda anche alla mobilità elettrica. Il bando ha finanziato, infatti, anche gli accumulatori e colonnine di ricarica per veicoli elettrici (leggi qui).
E l’agrivoltaico? I dispositivi si installano a terra ma occupano meno spazio e preservano gran parte della superficie agricola grazie allo sviluppo in verticale. Questa la definizione del decreto: “Si tratta di soluzioni integrate innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione“.
Il 70% della superficie va lasciato libero
Questo il riferimento sulla superficie che si legge nel decreto: “La superficie minima destinata all’attività agricola deve essere pari almeno al 70% della superficie totale del sistema agrivoltaico“.

Inoltre: “L’altezza minima dei moduli dell’impianto agrivoltaico avanzato rispetto al suolo deve consentire la continuità delle attività agricole (o zootecniche) anche sotto ai moduli fotovoltaici“. Questi i valori minimi: “Sono 1,3 metri nel caso di attività zootecnica (altezza minima per consentire il passaggio con continuità dei capi di bestiame) e 2,1 metri nel caso di attività colturale (altezza minima per consentire l’utilizzo di macchinari funzionali alla coltivazione)“.
L’obiettivo è anche economico: “L’intervento integri attività agricola e produzione elettrica, e che ha lo scopo di valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, garantendo comunque la continuità delle attività agricole proprie dell’area“. In questo modo si frena l’abbandono delle campagne e si resistono tutte le attività di cura e manutenzione del territorio.
Questa soluzione dovrebbe permettere la coesistenza di produzione di energia pulita e attività agricola, favorendo anche la creazione di frutteti 4.0 (leggi qui) dove è possibile alimentare dispositivi come sensori, flotte di droni e altri dispositivi per ridurre l’impegno di acqua e di prodotti chimici.
Beneficiari e risorse anche per gli accumulatori
Chi può partecipare? “Imprenditori agricoli, in forma individuale, societaria o cooperativa, consorzi e associazioni temporanee di imprese agricole. Associazioni temporanee di imprese composte da almeno un soggetto operante nel settore agricolo”. In questo modo si distribuisce l’investimento e permette la partecipazione anche delle piccole aziende.
Nel decreto si elencano le spese ammissibili tra cui “fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo“. Dato fondamentale per utilizzare in azienda l’energia prodotta
Scusate se insisto, ma nel precendente articolo sul tema non ho avuto risposta.
E sono veramente curioso.
Chiedevo ad evetuali agricoltori e ad eventuali “esperti tecnici” se fosse pensabile usare dei “carrelli fotovoltaici” spostabili
(esempio: https://uflexenergia.it/referenze/impianto-a-isola-su-carrello/)
da far ruotare da un campo all’altro a maggese, magari anche proprio all’interno della stessa azienda agricola. (senza cioè coinvolgere più proprietari)
Chiaramente il collegamento alla rete sarebbe “fisso” per i tre/quattro campi interessati e si, sarebbe la cosa più “impegnativa” sia tecnicamente sia a livello di normativa.
Però una volta fatto non quello si sposta più.
Sulla carta non mi sembra di vedere criticità insormontabili in merito all’idea, che per converso potrebbe essere un bel boost all’argomento.
Però non conosco le esigenze “agricole”, che può dirmi solo chi lavora la terra, ed eventuali controindicazioni tecniche di natura elettrica.
Grazie
Grazie Alessandro dell’intervento ma che senso ha, quale utilità? Nel senso di pannelli mobili se cerchi nella rete ce ne sono, li usano per i concerti (anche questi con certificazione sulla impronta di carbonio…), gli scienziati quando devono fare ricerche in posti “selvaggi” con laboratori mobili, anche chi abita in case di campagna, per non parlare dei pannelli da balcone….
Esistono, ne ho visto molto semplici che si spostano con delle ruotine, però attenzione qui di parla di agrivoltaico (non credo impossibile una versione amovibile) abbastanza complesso perché con sviluppo verticale e una serie di dispositivi per la rotazione…
Insomma ti chiedo io a te, perchè la necessità di spostarli? Naturalmente non parlo di piccoli pannelli per piccole aziende agricole, ma di strutture e aziende più complesse. Quale vantaggio secondo te?
Il vantaggio sarebbe quello di utilizzare, e quindi mettere a resa, una gossa superficie (il campo a maggese o a riposo che sia) che altrimenti non sarebbe utilizzata.
In quanto ovviamente “a riposo”.
Va da sè che se parliamo di migliaia di metri quadrati (mi par di avere capito che poco poco un singolo campo mediamente sia almeno sui 4000 mq a salire) la produzione di energia può essere molto interessante.
Ripeto: sono totalmente a digiuno di agronomia, la mia è un’idea “a sensazione”. Per questo chiedo a chi ne sa più di me.
Ha senso? un campo a riposo viene arato ogni tanto e basta per girare il terreno oppure ci si fa qualcos’altro? Davvero non è il mio argomento.
In ogni caso, la cosa permetterebbe di installare grosse superfici che giustificherebbero l’investimento, teoricamente senza sottrare un solo metro quadrato al terreno effettivamente coltivato (perchè, ripeto, lo si fa sui terreni a riposo)
Il tutto ovviamente andrebbe spostato da un campo all’altro, ma si farebbe una volta all’anno tirando i carelli col trattore.
Li si mette su un altro campo, si collegano di nuovo in serie i pannelli, si attacca il tutto alla “centralina collettore” dello specifico campo e il gioco riparte per un’altra stagione.
La cosa è ovviamente da pensarsi per superfici relativamente attigue, i lavori di collegamento alla rete, quelli sì, sarebbero permanenti.
Ma una volta preso il giro, negli anni la cosa in teoria procede abbastanza facilmente.
Per inciso: non è affatto detto che lo debba fare o finanziare l’azienda agricola. Questa infatti potrebbe semplicemente affittare le superfici ad aziende terze che si occupano della cosa.
Si tratterebbe di un’entrata magari non “stellare”, ma sempre meglio di quanto guadagnerebbe lasciando il campo “vuoto” a riposo.
Anche qui: ditemi voi se sbaglio, non mi offendo.
L’idea non è tanto quella di “sostituire” l’agrivoltaico vero e proprio (di cui so poco, apprendo qui e mi limito a leggere) ma di integrarlo con un secondo modello di business che sulla carta mi appare relativamente semplice (nulla lo è davvero, ma a naso non parliamo di chissà quali lavori) e che ad occhio potrebbe essere piuttosto produttivo.
E se si diffondesse, che io sappia ogni anno vanno a riposo migliaia di ettari.
Quanti MW verrebbero fuori su scala nazionale senza togliere un mq che sia uno dai terreni effettivamente coltivabili?
Se sto dicendo un’immensa fesseria non è un problema, ditemelo pure.
Vi chiedo solo di spiegarmi perchè.
credo che:
ad oggi costano più i supporti fissi, la manodopera per installarli ( e le certificazioni) che i pannelli fotovoltaici, che ormai sono quasi al costo del vetro
se li fai mobili penso aumenti l’ingombro e il costo dei supporti e anche quello successivo per muoverli, orientarli, ricollegarli; diventa più costoso, è un altro target (magari per le colture a rotazione)
però le installazioni sono diluite su una infima frazione dei vari pascoli/prati/campi disponibili, non vedo consumo/scarsità di suolo che giustifichi il maggiore costo/impegno
conviene lasciali fissi, se sono alti su orto o piante lignee, non danno fastidio, anzi regolano la luce; idem se sono a 1,3 metri da terra su prati/pascoli, e il bestiame evita che l’erba cresca troppo
poi felice se sarò smentito; una volta ho scritto, a chi proponeva di mettere i pannelli sul mare, che al limite sui laghi, sul mare mi sembrava antieconomico, poi ho visto che in Cina lo fanno 🙂
-penso aumenti l’ingombro e il costo dei supporti e anche quello successivo per muoverli, –
Ho visto dei “cubotti” che si aprono tipo “a ombrello”, e si trasportano chiusi nell’ingombro di un carrello appendice
-orientarli, ricollegarli;-
Se si progetta bene la cosa ricollegarlo sono poi solo delle spine industriali, orientarli poi fatto una volta fatto per tutte le altre.
-è un altro target (magari per le colture a rotazione)-
Mi sembra di averlo detto chiaramente. 😉
-non vedo consumo/scarsità di suolo che giustifichi il maggiore costo/impegno-
osto che il maggiore costo può essere, ma è tutto da dimostrare, non vogliamo forse andare (magari anche con calma non dico di no) verso un mondo alimentato 100% rinnovabili? Se ne dovrà metter giù di pannelli… ma tanti…
ho visto le stime 2023-Q4 di Bloomberg, effettivamente il mondo intero va velocemente a quote mostuose di Fotovoltaico (e in parte anche Eolico), eclissando le altre fonti di energetiche, sta succendendo prima di quanto si pensasse:
nel 2023 installati +440 GW
dal 2025 al 2030 previsti +580 GW / +800 GW ogni anno
il costo è stracciato e anche le batterie iniziano ad esserlo
ma queste grandi installazioni, richiedono comunque una frazione infima dei terreni ( all’incirca 0,6% ), e che aquisiscono una doppia funzione (energia solare, prato, area di ripopolazione per insetti e impollinatori dei campi)
mi preoccuperei di pagarli il giusto questi GW visto che di loro costerebbero poco, ho visto leggendeo che forse anche le aste FT Utility generiche in italia sono pagate un po’ più alte (circa 60 euro al MWh) che all’estero ( 20-30-40 euro al MWh)
-effettivamente il mondo intero va velocemente a quote mostuose di Fotovoltaico –
Anche perchè la favola bella che in tema di energia dice “consumeremo tutti meglio, consumeremo tutti di meno” secondo me è appunto una favola bella.
Con “l’intermittenza” del fotovoltaico bisognerà metterne giù verametne tanto. Assimeme alle batterie.
Poco male eh? Si fa. Pian piano, ma si fa.
– “consumeremo tutti meglio, consumeremo tutti di meno”- mi ricorda molto “con l’euro lavoreremo un giorno in meno guadagnando come un giorno in più” di prodiana memoria..
sono solo vent’anni che lo sto maledicendo..
da quello che capisco della tua idea, faresti dei rimorchi (o carri agricoli) con installati sopra tot mq di pannelli da parcheggiare e con cui “ricoprire” campi a riposo dalla rotazione. la “fattibilità” dipende dal tipo di azienda agricola.
ti parlo di quella che conosco: azienda con vacche da latte (zona parmigiano-reggiano) coltura prevalente erba medica, orzo o frumento, mais e prato. queste vengono utilizzate sia fresche (giornaliere) che per fienagione. dopo 2 anni di erba medica e mais alternati con orzo/frumento, il campo viene lasciato a prato, senza nessuna lavorazione della terra (riposo) ma con comunque il taglio dell’erba per il bestiame. già così si deve comprare fieno..
difficilmente si ha terra in esubero da potersi permettere un fermo totale per un’area di una certa dimensione.
bisogna inoltre considerare che il periodo di massima resa del FV corrisponde con la maggior attività nei campi: anche pensare di metterli nelle carraie diventa difficile
l’idea in sé mi piace, ma è poco praticabile.
di sicuro piuttosto che piantare pali fino a 1,3mt per ovini scorrazzanti al di sotto, dividerei in 2 quell’area: da una parte i “tuoi” rimorchi e dall’altra le pecore o bestie semi brade. poi scambio appena finita l’erba da brucare. stagionalmente ci sta.
per frutteti l’agrivoltaico lo boccio senza remore: cementificare il 30% dei campi
è assurdo..
Ma se le pecore possono brucare in tutto il campo con la presenza dei pannelli perchè dividerlo a metà? Perchè no sui frutteti? Io ne o una sperimentale, un meleto, vicino a casa mia ed è quasi completamente salvo il suolo.
-Ma se le pecore possono brucare in tutto il campo con la presenza dei pannelli perchè dividerlo a metà?-
perché quel campo non potrà essere nel breve utilizzato diversamente salvo “demolizione”: dipende inoltre dove è posizionato il pascolo, pianura collina montagna.
io ho scritto ovini perché percentualmente sono la maggior parte, ma ci sono sempre più suini e bovini: quest’ultimi su pendii è più difficile trovarli/metterli, quindi il pascolo/campo deve essere agevole anche per il FV. ne consegue che, per quello che è il mio pensiero, una soluzione come quella descritta prima possa essere migliore.
-Perchè no sui frutteti?-
anche qui dipende da cosa e dove: io vedo frutteti (lugo) di 50 kmq con kiwi, pesche, albicocche, uva tutto disposto in filari. niente supera una certa altezza e larghezza.
per mettere FV andrebbero abbattute piante e sostegni, aperto il terreno per la posa dei plinti necessari a sostenere i pannelli ad una altezza di almeno 4(5 mt, ricoprire e ripiantare nuove pianticelle, le quali l’anno successivo non daranno i frutti (forse quello dopo cominceranno) necessari al sostentamento dell’azienda. tutto questo al netto di gelate notturne con cui già devono lottare e per cui hanno grosse pale motorizzate (eoliche al contrario) per spingere l’aria più calda (intorno ai 6/8 mt) verso il terreno freddo, operazione che a mio avviso cozzerebbe con la superficie dei pannelli.
poi ovvio che tutto si può fare, ma a che costi/risultati/benefici?
ho visto video dove in olanda hanno campi (orti) enormi: km quadrati di superficie con carote e altre verdure (dove utilizzano vecchi e fumosi fiat 180/90).. qualche pala eolica ma zero FV. possibile che sia solo italiano sto bisogno dell’agrivoltaico?
Sul pascolo non ho capito anche perché i pannelli si potranno pur spostare, ma se sono in verticale e sotto si può pascolare viene meno il problema. In alcuni casi specifici servono? Ci sono esperienze e potrebbero essere utilizzati. Consideriamo, e il bando li finanzia, il problema accumulatori che non sono così facili da spostare
Sui frutteti mi sono confrontato con docenti universitari che hanno allestito i primi frutteti elettrici con importanti cooperative di produttori emiliano-romagnoli e anche loro non hanno sollevato questo problema, anzi hanno parlato, non per tutte le colture, dell’effetto benefico dell’ombreggiatura.
In Olanda c’è per esempio questo impianto fotovoltaico, abbastanza brutto esteticamente ma se questo è il problema bisogna tirar giù tutte le serre, che permette una grande produzione di energia e un ottimale produzione di lamponi https://www.baywa.com/en/about/electricity-heat-mobility/europes-largest-fruitvoltaic-project
gbn: se si riporta sempre e solo il proprio mulino..
io ho fatto esempi/ipotesi a cui non è data risposta.
i “docenti” teorizzano, chi ne deve trarre un guadagno ha altre esigenze.
sto parlando di fattibilità (costi, tempi e produzioni reali) e mi si risponde con ideologie (alcuni hanno fatto/sperimentato) che nella grande produzione non hanno mercato.
facciamo un esperimento vero: gian basilio nieddu e gli siensiati con cui si confronta vanno da qualunque agricoltore (a scelta) a insegnarli come si lavora e si spende: quando vi chiederà tempi di rientro e guadagni, e gli prospetterete i “dovrebbe” “probabilmente” “sarebbe” “forse”, sarebbe opportuno documentare in video le reazioni..
quando tutti i “faciloni” col culo altrui si toglieranno lo stipendio per il tempo equivalente che si chiede agli agricoltori (nello specifico) si potrà parlare.
se no sono solo chiacchiere sulle spalle del prossimo
Ma di cosa parli? Il meleto con i pannelli fotovoltaici che producono energia e favoriscono la frutticoltura, le mele le ho anche mangiate e sono squisite, dista tre chilometri da casa mia. Gli agricoltori sono una delle più grandi cooperative agricole emiliano-romagnole con buoni bilanci ed esportazioni in tutta Europa. Non producono fuffa ma lavoro (buono), valore economico (per i soci) e prodotti di qualità. A cosa non ho risposto?
Io non vado da nessun agricoltore, perché qui non siamo al bar dello sport o al circolo della caccia, ma con i tempi giusti produrrò un video dove parlano agricoltori (ma che conoscono il tema e non il primo a caso), agronomi, scienziati (e basta con le critiche faciloni che sono loro che ci hanno dato le innovazioni che portano il nostro export agroalimentare a 60 miliardi).
E qui puoi leggere cosa dicono gli agricoltori romagnoli che ho visitato in campo e che credono ed investono su tecnologia, innovazione e sperimentazione. https://www.vaielettrico.it/post-alluvione-si-riparte-in-elettrico-ristori-per-le-termiche-fuori-uso/
Il fatturato dell’ortofrutta? Sono 15 miliardi (report 2023 Allianz)
ma non viene “cementato” niente
sono pali, e nel caso dell’agrivoltaico anche senza neppure minime fondazioni, giusto conficcati nel terreno
è richiesto che ALMENO il 70% dell’area deve restare completamente agibile, il restante 30% potrebbe essere scomodo da usare, ma non viene certo “cementificato”
agrivoltaico ci sono già tanto esempi, e anche serre, avevo visto in un video, in Sicilia, enormi distese di serre in allumio e pannelli che coprono una porzione della luce, in quel caso agrumeti con basso consumo di acqua
UN RAMMARICO
ottima iniziativa e sicuro avrà un alto successo, ma forse mandata in vacca (visto il tema) all’italiana lato costi
come trasformare un ottimo e necessario intervento strategico in un bel regalo pre-elettorale, come gli incentivi alle auto, e ancora prima i super-bonus edilizi
da profano, mi sembra ragionevole incentivo all’installazione, un po’ alti i massimali, ma incentivo al 40%, per cui OK
quella che sembra esagerata e la tariffa incentivante (si trova cercando in rete, nell’articolo qui sopra non era citata), da 85 euro a 103 euro al MWh, specialmente dopo aver già sovvenzionato il 40% dell’installazione
Per quanto le fonti rinnovabili sinono le uniche su cui investire ad oggi
fissare queste tariffe per me è uno sfondone, immagino un regalo a fini elettorali, che tanto pagheranno i governi e gli italiani dei prossimi anni, la tariffa è fissata per i prossimi 20 anni e andrà finanziata ogni anno, per la parte che risulterà superiore a prezzo dell’elettricità nazione PUN futuro
se la tariffa fosse stata fissata invece a partire da 60-65 euro al MWh (invece che da 85), gli incentivi sarebbero comunque stati invitanti (c’è anche il 40% sull’installazione) ma senza risultare un peso, anzi generando un risparmio sui costi energia
TARIFFA INCENTIVANTE FISSA X 20 ANNI
Al Sud Italia
– 93 euro al MWh per potenze sino a 300 KW
– 85 euro al MWh per potenze sopra a 300 KW
Al Centro Italia ( +4 euro )
Al Nord Italia ( +10 euro ) si arriva a 103 euro al MWh
CONFRONTO CON IL PUN
Il Pun Italiano era a 120 euro al MWh questa estate ( = 12 centesimi a KWh), per gli strascichi della crisi energetica del 2022; nel frattempo è sceso; il metano è tornato entro i 100 euro al MWh, e sono cresciute le rinnovabili già installate, che tirano i prezzi invece verso 60-40 euro al MWh, oppure aumentano la quota di autoconsumo
In questi giorni il PUN italiano è sceso a 90-85 euro al MWh; probabile che entro primavera sarà sotto a 80 euri al MWh ( = 8 centesimi a kwh)
Le previsioni per il futuro (guardando a paesi come Spagna, Portogallo ed altri) è di avere nei prossimi anni un PUN a circa 60 euto al MWh
CONFRONTO CON PREZZI DEL FOTOVOLTAICO
il fotovoltaico a terra (un poco più economico da installare e manutenzionare) di scala Utility (grandi impianti) viene pagato a prezzo fisso e salvo sconvolgimenti nell’andamento dell’inflazione monetaria non viene poi rinegoziato per i primi 20 anni:
– Spagna e Portogallo: tra 13 e 40 euro al MWh
– Italia: avevo visto un grafico, credo circa 60 euro al MWh
ed è già sovraprezzato, anche se c’è da considerare che il Governo attuale sta aggiungendo tasse alle installazioni di rinnovabili, rendendo più difficile un calcolo trasparente dei costi puliti del kwh
CONTRAPPESI ALLO SFONDONE
è uno sfondone (incompetenza o malizia?) solo in parte mitigato da:
– una quota sarà di autoconsumo (ma il grosso sarà venduto alla rete)
– il decreto fizanzia a questi prezzi alti “solo” un 1 GW (ne dovremo installare 100)
– la limitazione specificata nel decreto che quando il costo energia nella borsa energia scende a zero, l’incentivo non viene erogato
al momento PUN orario a zero, succede raramente, abbiamo ancora non abbastanza rinnovabili installate tra qualche anno succederà più spesso nelle ore centrali della giornata, con effetto virtuosi di spingere ad installare più accumuli per spalmare la fornitura FT anche alle ore serali e notturne e vendere più kwh
La motivazione potrebbe semplicemente essere politica.
Si da agli agricoltori danneggiati dai prezzi bassi dei loro prodotti e decisamente sul piede di guerra, un reddito aggiuntivo che senza grossi problemi potrebbe anche diventare superiore a quello della coltura.
Più che altro da quel che leggo non c’è vincolo di mantenimento della coltivazione ma solo una costruzione che deve permettere ipoteticamente di coltivare. Che succede su, felici delle nuove entrate da fotovoltaico, i contadini comunque smettono di coltivare?
Sul vincolo di mantenimento nel decreto all’articolo sulle revoche c’è scritto: “I benefici di cui al presente decreto sono revocati nei seguenti casi:
a) perdita di uno o più dei requisiti di ammissibilità di cui all’articolo 5”.
All’articolo 5 si legge: Gli impianti di cui ai commi 1 e 2 che accedono alle procedure bandite ai sensi del presente decreto,
garantiscono il rispetto dei seguenti requisiti:
a) possesso del titolo abilitativo alla costruzione e all’esercizio dell’impianto;
b) possesso del preventivo di connessione alla rete elettrica accettato in via definitiva;
c) rispettano i requisiti di cui all’Allegato 2, lettera a);
d) garantiscono la continuità dell’attività di coltivazione agricola e pastorale sottostante l’impianto;
non saprei, penso dipende dal tipo di terreno:
– sono “agricoli” anche quelli destinati a “prato perenne e pascolo”, qui penso mettano i pannelli a 1,3 metri da terra e saranno la maggior pare, minima fatica perfae le installazioni
– mentre se installi i pannelli a oltre 2 metri, i supporti sono più costosi, probabilmente è un terreno pregiato su cui hai investito per coltivare intensivamente, non seminativo, ma piante ignee (agrumi, frutta, etc), oppure orti, se non addirittura una vera serra
a me basta che i terreni siano protetti dalla cementifcazione e forniscano corrente elettrica (e perchè no, una fonte di guadagno agli agricoltori) poi non mi disturba che sia l’agricoltore a valutare l’equilibrio dell’uso dei suoi terreni, farà il dovuto per far stare in piedi la sua azienda
perchè tanto c’è una sicurezza intrinseca contro gli abusi:
nello scenario più esagerato ( 200GW installati in italia tra 20 anni), avremo pannelli sullo 0,6% dei terreni, è una briciola, non fa danno alla produzione agricola; un calcolo lo avevo fatto nei commenti qui (e anche riportato la classificazione dei diversi terreni e relative estensioni secondo il Censis):
https://www.vaielettrico.it/agrivoltaico-da-evitare-ecco-le-prove/#comments
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a me spiace per la tariffa eccessiva, non aiuta a far calare il PUN, e si presta a cattive interpretazioni sul costo di produzione delle rinnovabili
forse concordiamo che sia stata fissata alta per dare un’altra mancia politica alla categoria (anno di elezioni e di tensioni), dopo già un prtimo bando che aveva incentivi abbastanza generosi e aveva già scatenato l’effetto click-day;
però se i fondi per l’installazione li mette a bilanci il governo attuale prendendosene la responsabilità, quelli per sostenere la tariffa di ritiro dei kwh i prossimi 20 anni sono a carico di altri nel futuro
se quest’anno il PUN starà a 80-85, ci si smena poco, i kwh gli vengono pagati come la media del mix italiano attuale, ma gli anni prossimi il PUN è più basso (grazie ai parchi utility, non a questi agrivoltaici)
non so se la tariffa sarà rinegoziabile in futuro se il divario con il PUn crescesse molto, forse no, un pò come alcune (non tutte) incentivazioni del fotofoltaico di 20-15 anni fa, che erano oggettivamente eccessive, forse per mancanza del legislatore di cogliere l’andamento rapidamente variabile al ribasso dei prezzi in questo settore, e sono state portate sino alla fine
basterebbe poco nei contatti per migliorarli rispetto alle “tariffe fisse”; o se le fai fisse invece devi tenerle basse (Portogallo chiudevano aste fino a 13 euro a MWh, prezzo fisso per 25 anni)
oppure ci penserà l’inflazione monetaria, a 3% all’anno, a ritoccare un poco al ribasso la tariffa
vabbé, alla fine è solo 1 GW, e rimane un progetto strategico; tanto meglio per gli agricoltori e gli installatori, magari va bene così per effetti indirettti (come dici tu compensa il problema dei prezzi dei prodotti agricoli) di economia non ci capisco molto onestamente; finanziamo tanta “roba” forse molto meno utile
Come ho riportato nell’articolo sono previste altezze diverse a seconda sia pascolo oppure coltivazione: “Sono 1,3 metri nel caso di attività zootecnica (altezza minima per consentire il passaggio con continuità dei capi di bestiame) e 2,1 metri nel caso di attività colturale (altezza minima per consentire l’utilizzo di macchinari funzionali alla coltivazione)“.
Per quanto riguarda i “Criteri di selezione dei progetti e ammissione agli incentivi” si legge nel decreto che sarà valutata: “l’offerta di riduzione della tariffa di riferimento” e soprattutto: “Nel caso in cui le istanze di partecipazione, complessivamente considerate, comportino il superamento del contingente messo a disposizione per la singola procedura, il GSE applica, a parità di riduzione offerta i seguenti ulteriori criteri in ordine di priorità:
a) maggiore percentuale di energia elettrica autoconsumata per alimentare le utenze dell’impresa agricola rispetto alla produzione netta dell’impianto, definita sulla base dei dati di progetto
C’è un premio per chi utilizza in azienda l’energia, considerando che in media sul bilancio dell’azienda agricola i costi energetici incidono anche fino al 20% è presumibile che si punti ad “autoconsumare” piuttosto che a vendere energia.
Se ci sarà una asta al ribasso in base a “l’offerta di riduzione della tariffa di riferimento”, e non sarà solo un’opzione formale, allora si ragionerebbe; grazie per la precisazione
vediamo se verranno forniti dati una volta assegnati i fondi
comunque il punto di partenza della tariffa mi sembra molto alto, in pratica il kwh verrebbe pagato come fosse generato a metano
come riferimento, il fotovoltaico utility di grandi taglie produce kwh 2,3 volte meno caro rispettto al kwh domestico, che già è discutibile incentivare a 10 centesimi al kwh
anche facendo la tara che l’agrivoltaico sia leggermente più caro di un utility generico, non si può pagarlo a 8,5 – 10,3 centesimi a kwh, cosi a occhio dopo 2 anni si sarebbe già ripagato (anche meno contando l’incentivo all’installazione), e dopo generebbe profitti consistenti al costo di una piccola manutenzione
ho cercato di capire questa storia della tariffa incentivante alta
leggemndo, sono previsti incentivi per due gruppi diversi di installazioni:
A) circa 0,3 GW totali, per imprenditori agricoli e loro aggregazioni, impianti di massimo 1 MW, che per ricevere gli incentivi verranno direttamente selezionati e “iscritti in un registro”
B) circa 0,74 GW totali, anche per “associazioni temporanee di impresa che includono almeno un imprenditore agricolo”, senza limite di potenza, che invece parteciperanno a procedure di “aste competitive” al ribasso sulla tariffa incentivante, con obbligo di ribassare almeno del 0,2%
le associazioni temporanee, penso consistano nel fatto che una azienda esperta delle installazioni e soprattutto delle pratiche burocratiche ( molto astruse da noi) formalmente si associa con il contadino, e nella sostanza si accordano per un affitto dei terreni
qui salta fuori la distorsione dell’aver fissato cosi alta la tariffa:
i terreni affittabili che potrebbero essere adatti, in questo momento vengono cercati e contesi da queste ditte che offrono prezzi di affitto importanti, tra i 2500 e i 3500 (4000 al nord italia) euro per ettaro all’anno (tra l’altro generando l’equivoco nei non addetti che il numero di terreni che verranno impegnati sia elevato, mentre rimangono una briciola, solo che pagata molto bene)
significa (?) che dalla vendita del Kwh contano di ricavare oltre 5000-6000euro a ettaro all’anno
ora, non era meglio semplificare le pratiche burocratiche, per poi non dover mettere una tariffa cosi alta per rendere comunque molto appetibile la cosa?
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Oggi ho dato una ricontrollata ai prezzi, esempi:
– anche in Bolivia (…) le aste per le installazioni FT utility sono a 18 euro al MWh (simili a Portogallo e Spagna)
– secondo la piattaforma di calcolo europea ETIP-PV, la stima di costo nel 2024 per FT utility in centro Italia sono di 20-28 euro al MWh (cioé 2 centesimi a kwh), con la parte variabile che dipende dal tasso di interesse basso o alto sul capitale
– questi impianti verranno installati in pratica a fine 2025 a inizio 2026, con il PUN nazionale che sarà già sceso sotto 70-75 euro al MWh
c’è da fare la tara l’agrivoltaico (ma non più di tanto quello basso, su prato) è più costoso del solare a terra generico, ma non di 3-4 volte
continuo a rimanere perplesso che la base d’asta sia 85-103 euro a MWh, quando stando più bassi c’era l’occasione di far contenti sia gli agricoltori che il costo del PUN nazionale
speriamo che mi sbaglio trascurando qualcosa, e vediamo se ci saranno queste “procedure competitive” e se verrrà data comunicazione dei risultati