Agrivoltaico, gli agricoltori: “Stop alle fake news sul consumo di suolo”

agrivoltaico

L’agrivoltaico è sempre più maturo e pronto a favorire la simbiosi tra produzione agricola ed energetica. Lo confermano i dati e le esperienze presentate alla prima conferenza italiana dedicata all’agrivoltaico, evento, organizzato da  ETA Florence,  a cui abbiamo partecipato.

A Firenze non sono stati mostrati semplici test pilota, ma progetti di scala significativa, estesi su centinaia di ettari. L’agrivoltaico sta progressivamente prendendo piede in Italia. Anche perché non consuma suolo, permette la coltivazione e l’allevamento, in una nazione dove si contano 1, 5 milioni di ettari di terreno agricoli non utilizzati. Una situazione chiara a Confagricoltura: il suo rappresentante Nicola Gherardi dice infatti: «Stop alle fake news sul consumo di suolo».

Dall’agricoltore all’agrivoltore, stop alle fake news

Il dato positivo della conferenza è stato il dialogo tra mondo agricolo e imprese energetiche. Coldiretti mantiene un approccio critico, ma consapevole che non può escludere i propri imprenditori da questa tecnologia e, quindi, apre: «L’agrivoltaico è un’attività di grande interesse». Parole di Francesco Ciancaleoni, responsabile ambiente Coldiretti, che sottolinea: «In agricoltura servirà sempre più energia, ma non partiamo con il piede giusto. C’è chi vuole mascherare il fotovoltaico a terra con l’agrivoltaico».

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Nicola Gherardi alla conferenza di Firenze

Ben più deciso, come già emerso in un recente incontro in Emilia-Romagna, Nicola Gherardi della giunta esecutiva di Confagricoltura. Per delineare lo scenario futuro, ha usato il termine “agrivoltore” l’imprenditore che dovrà occuparsi sempre di più di una doppia produzione: agricola ed energetica. Il motivo? Le aziende hanno bisogno di maggiori entrate per non chiudere. «L’incremento delle temperature è terribile per il nostro settore, il cambiamento climatico è in atto e la protezione dei pannelli può mitigare le sue conseguenze negative».
Infine, stop alle fake news sul consumo del suolo: «Siamo allo zero virgola, sono impianti reversibili e poi hai il terreno sotto, non il cemento».

Respinto solo il 12% dei progetti agrivoltaici

Nel convegno organizzato, con il patrocinio dell’Ambasciata di Danimarca e della Fondazione Univerde, è emersa una maggiore accettazione dei progetti agrivoltaici nei processi di valutazione ministeriale. Un dato offerto da Elena De Luca, referente del Gruppo istruttore agrivoltaico della Commissione Tecnica PNRR–PNIEC: «L’agrivoltaico ha registrato il 12% di valutazioni negative contro il 15% del fotovoltaico e il 21,5% dell’eolico».

Agrivoltaico, perché tanto (incomprensibile) odio?

Queste le percentuali. Ma quali sono le cause principali che portano a respingere un progetto? «Si bocciano i progetti che non tutelano la biodiversità – sottolinea De Luca – per esempio, se l’ambiente viene troppo chiuso si impedisce il suo uso da parte della fauna. Anche nei progetti approvati si danno indicazioni e prescrizioni come, ad esempio, lo stralcio di alcune aree».

L’agrivoltaico nel nuovo decreto sulla aree idonee

A soli due giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto sulle aree idonee, che definisce l’agrivoltaico, non sono mancate le prime riflessioni. «A una prima lettura è positivo il dato che le Regioni non possano introdurre divieti generali o astratti, ma debbano operare nel rispetto dei criteri nazionali. Un elemento veramente innovativo rispetto alla norma precedente». Parole del professore Gabriele Paolinelli, docente al dipartimento di architettura dell’Università di Firenze, che segnala una criticità: «Alle Regioni non è consentito dichiarare aree idonee tutte quelle sottoposte a tutela paesaggistica. Se penso alla Toscana, è coinvolto circa due terzi del territorio regionale». All’interno di quei due terzi ci potrebbero essere aree idonee per le fonti rinnovabili. E si rischia uno squilibrio territoriale all’interno del territorio regionale.

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La prima conferenza nazionale agrivoltaico

Sul nuovo decreto è intervenuto anche Alessandro Migliorini, Country Manager Italia di European Energy, che ci ha detto: «Sicuramente hanno mantenuto dei valori del decreto precedente che sono piuttosto limitativi, come diceva il professore. Però dall’altra parte hanno specificato che le Regioni non possono legiferare in maniera più restrittiva e questo è un elemento importante perché dà un chiaro segnale.  Se le Regioni vorranno fare interventi che migliorino queste limitazioni saranno bene accetti, ma almeno abbiamo delimitato il perimetro. È altrettanto vero che il tema delle aree idonee sarà estremamente marginale rispetto agli obiettivi al 2030: avendo ridotto la distanza da 500 a 350 metri, hanno tagliato fuori parecchie aree e questo avrà un impatto sui progetti».

I progetti del Pnrr? Alcuni non saranno completati

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Alessio Pinzone di Agrivoltaica

Abbiamo parlato anche con Alessio Pinzone, presidente dell’Associazione Agrivoltaica, sul bando Pnrr: «Il rischio evidente è che gli operatori non riescano a concludere i lavori in tempo, non tanto per loro volontà,  quanto per un sistema di autorizzazioni e tempistiche che spesso non va a buon fine. Così rischiamo di fare un flop su una misura che ci porterebbe a essere leader in Europa su questa tecnologia; non farlo significherebbe perdere un’occasione enorme».

Per fortuna alcuni progetti continuano anche senza fondi del Pnrr. Pinzone ha presentato alla conferenza un progetto importante che coniuga la produzione di energia – ben 215 MW – con l’allevamento ovino: 850 ovini da carne. Si tratta di uno dei più grandi piani di agrivoltaico avanzato in Europa, che permette il recupero dell’attività pastorale. Sono previste anche attività di forestazione e il recupero di vasche di raccolta per l’irrigazione. Altro che consumo di suolo: si contrasta l’abbandono della terra da parte dei pastori.

Quando si lavora su centinaia di ettari: l’esempio di Engie

Quando si contestano i progetti di agrivoltaico, il dato più evidente sventolato dai comitati è l’estensione in ettari. Spesso, però, si tratta di terreni degradati e poco fertili. È il caso del progetto illustrato da Cristina Brandozzi, Head of Origination di Engie Italia: un impianto agrivoltaico sviluppato tra Mazara del Vallo e Marsala, in Sicilia, in collaborazione con Amazon, su 115 ettari.

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Cristina Brandozzi, Head of Origination di Engie Italia

Rivitalizzare terreni degradati o abbandonati non è semplice. «Un compito impegnativo, che richiede di partire dalle specificità locali e di collaborare con agronomi esperti del territorio. Solo così si possono individuare le colture più adatte, in base alle condizioni bioclimatiche e idriche». In questo caso si è investito  sull’irrigazione: «Non era più fertile per mancanza di acqua, si è liberato dalle pietre, migliorato e ora si coltivano foraggere, orticole e altre colture».

La manager ha aggiunto: «Noi siamo una multiutility e i clienti chiedono sempre più energia da rinnovabili. Vengono a vedere, ci fanno la due diligence non solo sul progetto agrivoltaico, ma anche sul tipo di moduli o le strutture che compriamo da installare e da dove provengono, verificando che ci sia sostenibilità anche nel ciclo di produzione di questi elementi».

bando agrivoltaico
I pannelli nel vigneto agrivoltaico pugliese

Un’altra storia e due progetti di recupero delle terre  è stata presentata da Tommaso Barsali di Starlight Energy che ha presentato quello di Torviscosa in Friuli e in fase più avanzata Terra del Sole che si insedia nella purtroppo rinomata Terra dei Fuochi. Siamo nel Comune di Giugliano in Campania. La superficie interessata è di 140 ettari dove stanno installando 117.630 moduli fotovoltaici  con una potenza di generazione di 73.518 kWh  per una produzione annua di energia  pari a 131.476.898 kWh sufficienti per soddisfare  il fabbisogno annuo di oltre 45.000 famiglie e 59,046 t di CO2 evitate.

I limiti della legge: che fare con i campi abbandonati?

Tutto bene? Quasi. Nel decreto si legge: «L’agrivoltaico garantisce la continuità della coltivazione agricola». Il progetto presentato da Cristina Brandozzi  e quelli di altre società spesso non sono continuativi, ma partono da zero in contesti abbandonati. Insomma c’è tutto il tema delle terre non produttiveCristina Martorana di Legance  ha sottolineato come gli impianti si possono realizzare «anche nelle aree non idonee e la Soprintendenza può bloccare un progetto in area idonea». La situazione dopo il decreto è più chiara, ma non priva di problematiche. Senza dimenticare la pressione politica dei tanti comitati e delle lobby del petrolio. Sul tema la riflessione dell’ex ministro  e presidente di Fondazione Univerde Alfonso Pecoraro Scanio: «In Italia uno dei grandi limiti è il non coinvolgimento delle comunità locali e i cittadini preventivamente nelle scelte. E questo si traduce in un moltiplicarsi di tensioni».

Esempi di agrivoltaico: limiti e opportunità

Il decreto deve essere tradotto in legge, appuntamenti come quello di Firenze sono utili per migliorare il testo. E l’organizzatrice Angela Grassi, Managing Director di ETA Florence, annuncia il bis: «L’idea di incontrarsi a Firenze per parlare di agrivoltaico ha avuto successo concreto e possiamo già annunciare l’appuntamento all’anno prossimo con la seconda edizione».

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