Un limoneto sotto l’agrivoltaico. Secondo uno studio Enea è la configurazione migliore per resa agricola ed energetica. Ma non solo. L’energia alimenta un dissalatore per l’irrigazione.

Uno studio Enea per migliorare la competitività degli agrumeti italiani
Il settore agrumicolo soffre della concorrenza di sempre più Paesi che dal Mediterraneo al Sudafrica rendono meno concorrenziale la filiera nazionale. Si devono abbassare i costi di produzione.
Soluzioni? L’agricoltura di precisione per ridurre consumo idrico e dei trattamenti fitosanitari, più entrate aggiuntive con la produzione di energia che in media rappresenta il 20% dei costi di una azienda agricola. In questo progetto di Enea si recupera pure l’acqua salmastra attraverso un dissalatore alimentato dall’energia prodotta nel limoneto.
A questi obiettivi si sommano il miglioramento della qualità dei prodotti attraverso sia la giusta dose di acqua sia l’ombreggiamento che mitiga il caldo crescente che colpisce le colture.
Per raggiungere questi obiettivi sono necessari sempre più studi sul campo. Come il progetto di Enea avviato a Scalea, in provincia di Cosenza, grazie al programma di ricerca Fotovoltaico ad alta Efficienza.
Una ricerca in limoneto con EF Solare Italia, operatore con 300 impianti e una capacità installata di oltre 1 gigawatt tra Italia e Spagna, e il contributo di Greenhouse, per la parte agricola, e Set Energie, per quella elettrica.
Focus sui pannelli: bifacciali ad alta potenza
A Scalea si vuole far decollare un polo agrivoltaico composto da impianti con diverse configurazioni tecnologiche: pannelli fotovoltaici bifacciali ad alta efficienza e sistemi di sensoristica avanzata. Un test in campo.

Obiettivo? «Valutare i diversi approcci tecnologici e raccogliere dati utili per sviluppare soluzioni sempre più efficienti – si legge in una nota Enea – e progettate sulla base delle caratteristiche del territorio».
Nel concreto si confrontano i risultati tra colture di limoni coltivate sotto impianti con configurazioni agrivoltaiche diverse, di tipo fisso e ad inseguimento, e il monitoraggio delle prestazioni. Quale agrivoltaico più funzionale all’obiettivo e poi il confronto con i limoneti in campo aperto.

Sotto osservazione diversi parametri tra cui la produttività, la qualità, le proprietà del suolo. L’impianto inoltre sarà dotato di sistemi di ferti-irrigazione al fine di irrigare le colture con acqua che già contiene il fertilizzante, per un’agricoltura sempre più di precisione.
L’ energia elettrica prodotta viene accumulata oppure utilizzata per dissalare l’acqua salmastra per l’irrigazione.

l fotovoltaico mitiga i cambiamenti climatici
Alessandra Scognamiglio, ricercatrice Enea e presidente di Aias, Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile, che Vaielettrico ha sentito su Dl agricoltura e in particolare sui limiti all’agrivoltaico a terra (leggi qui), sottolinea: «Questo impianto non solo dimostra come il fotovoltaico possa coesistere armoniosamente con l’agricoltura, ma fornisce anche dati cruciali per consolidare la fiducia in questa tecnologia».
In particolare «questa innovazione in collaborazione con EF Solare promuove pratiche agrivoltaiche sostenibili che migliorano la resilienza delle colture al cambiamento climatico e ottimizzano l’uso delle risorse idriche».
Obiettivi sintetizzati da Andrea Ghiselli, Ceo di EF Solare Italia. «Insieme all’utilizzo duale del terreno, possiamo risparmiare acqua, proteggere il raccolto e produrre energia pulita». Il gruppo ha oltre 10 anni di esperienza nel settore e può contare su 32 MW di serre fotovoltaiche e lo sviluppo di un modello di agrivoltaico in campo aperto a «consumo di terreno nullo».
Chissà se questo articolo il ministro dell’Agricoltura lo leggerà !!!
visto on-line un programma di La-7 (propaganda-live) di venerdi scorso che ha fatto un servizio sulla siccità in Sicilia, impressionante si stanno desertificando
da fare un pesniero alla ricetta della Spagna, desalinizzatori per fare acqua dolce in quantità e pannelli solari per alimentarli e per ombreggiare parzialmente i terreni
Attenzione anche in Spagna per la siccità hanno grossi problemi nella produzione, i desalinizzatori sono l’ultima spiaggia. Consumano energia e creano problemi ecologici sul mare con la soluzioni saline concentrate,
Il problema è la gestione disastrosa della condotta idrica. In alcuni casi si perde fino al 50% delle risorse e come denunciano le associazioni degli agricoltori mancano interventi infrastrutturali per raccogliere l’acqua quando piove.
Insomma prima dei dissalatori, poi bene vengano dove non si sono altre soluzioni, c’è tanto lavoro da fare.
Salve, se ho capito, il problema in Sicilia è doppio, le condutture le puoi migliorare, ma anche la siccità che sta svuotando gli invasi e seccando i terreni.. le condutture forse le aggiusteranno, ma basterà per passare da avere l’acqua 1 giorno a settimana ad averla quasi sempre, e per irrigare i campi?
i dissalatori possono usare i picchi di energia fotovoltaica ed eolica che la rete non può ancora assorbire perché impianti di accumulo ed elettrodotti sono più indietro nello sviluppo, in sicilia ci sarà presto sovraproduzione che satura gli elettrodotti verso le altre regioni; la concentrazione salina in mare immagino andrà gestita con sistemi di premiscelazione o più punti di scarico per diluirla, in base al quantitativo di prelievo
sui dati in Spagna, un articolo con buon riassunto ho trovato questo:
7% dell’aqua dolce è fatta con dissalatori ( e mi pare sino a 50% per alcune aree e città)
https://geagency.it/in-italia-40-dissalatori-in-spagna-800-tota-meno-di-un-miliardo-per-placare-la-siccita/
citano anche un grosso dissalatore che serve la raffineria di Saras in Sardegna, e fanno un prospetto dei costi aggiornato:
” (Oggi) per dissalare un metro cubo di acqua si impiegano meno di 3 kw. Se consideriamo che un kw costa circa 20 centesimi, parliamo dunque di 60 centesimi. Il costo (complessivo), compreso investimento e manutenzione, ormai è ben al di sotto dell’euro per metro cubo dell’acqua trattata. Sono dunque costi paradossalmente competitivi rispetto ad esempio all’uso delle bettoline (autobotti) ”
in Sicilia le aree in siccità stanno pagando la poca acqua (travasata tra i vari acquedotti più volte per tamponare) 5 euro al metro cubo, oppure di più nel caso dell’uso delle autobotti
Se metà dell’acqua si perde nelle condotte, se mancano bacini di accumulo che potrebbero mitigare la sete d’acqua è chiaro che i dissalatori che hanno un costo ecologico sulla biodiversità devono venire dopo. L’analisi non si può basare solo su un conto economico, senza dimenticare le esternalità ambientali. Conosco i rappresentanti della filiera dell’uva siciliani che hanno i laghetti di accumulo e le coperture sui vigneti e la loro uva da tavola non ha sofferto. Insomma basta poco in diversi casi. I dissalatori non possono venire prima di un piano di recupero dell’acqua.
E in Spagna nonostante i dati non hanno risolto assolutamente il problema. Ci sono intere filiere in estrema crisi per la scarsità della risorsa idrica. E anche per gli usi civili con ordinanze che vietano tutti gli usi non strettamente necessari. C’è sete estrema in Spagna. Il tema è al centro dell’agenda politica.
il problema del costo è analogo ad altre situazioni (filiera idrocarburi o nucleare): va calcolato anche il costo totale dello smaltimento delle salamoie, altrimenti si produce acqua desalinizzata ma anche un disastro ambientale ove si smaltiscono i residui; in assenza di un uso industriale alternativo delle salamoie (batterie al sale?) non è fattibile come scelta primaria ( e mi ricorda il problema dei “gessi rossi ” della Venator di Scarlino – GR).
La prima soluzione è sempre regimentare le acque pluviali (visto che abbiamo contemporaneamente il dramma delle inondazioni periodiche) e dove non piove più da anni ovviamente occorre prima di tutto diminuire al massimo i consumi con tecniche adeguate (non si può irrigare “a pioggia” sprecandone il 70/80%).
La fondazione Gates ha anche elaborato molti progetti (v. anche IBSA) per estrazione acqua dall’aria desertica (nonché WC senza acqua, che “salverebbero” milioni di litri ..).
Le conoscenze non mancano… le risorse vanno trovate.. ma ormai è questione di sopravvivenza.. non di rendita.
mi sono espresso male, ok si prima le opere idrauiliche sugli acquedotti e invasi, sennò non le afrebbero mai.. poi se non bastassero allora..
per le salamoie dei desalinizzatori:
leggo che in italia abbiamo delle norme molto protettive, che obbligano a fare bene gli scarichi (con diluizione in più punti e gli impianti moderni monitorano e modificano le contrazioni delle salamoie che scaricano in tempo reale)
..pare (?) si possa fare in modo ambientalmente corretto obbligando a investire un minimo anche sulle tubazioni degli scarichi..
mentre per il futuro, ipotizzano (?) di non buttare più a mare le salamoie, ma di trattarle come fossero materia prima, da cui ricavare minerali e acidi e basi per l’industria; in pratica l’acqua dolce diventerebbe quasi un sottoprodotto
== ho cercato qualche dato della Spagna:
– hanno inziato a testare la desalinizzazione già nel 1964, ma ha avuto costi interessanti e forte espansione più di recente
– nel 2021 il 2% della loro acqua veniva da desalinizzazione (dal mare o dagli estuari salmastri dei fiumi)
https://www.mdpi.com/2077-1312/12/6/859
– a inizio 2024 sono già passati a circa 7% (desalinizzazione di circa 5 milioni di m3 al giorno)
https://aedyr.com/plantas-desaladoras-agua-salobre-espana/
– la desalinizzazione va in parallelo alla crescita di impianti che ricliclano l’acqua
– stanno investendo in altri nuovi impianti (sostenibili anche grazie ai bassi costi del loro kwh)
https://www.reuters.com/world/europe/spain-invest-502-mln-desalination-plants-catalonia-amid-drought-2024-02-05/
ok Jeep ci sta, messa così posso condividere
Ciao Damiano, in quel servizio checitavo mostravano alcune zone in Sicilia in cui non al momento non c’è l’acqua nemmeno per le abitazioni, si lavano con l’acqua minerale o delle autobotti, in altre la aprono solo 1 -2 giorni alla settimana e se la devono far bastare
hanno mostrato anceh campi arati ma poi non seminati (perchè senza acqua) e mucche al pascolo che sono a rischio se non piove a riempire gli invasi
Sono stato molte volte in Spagna ed alle Canarie … hanno distese enormi di serre (quindi terreni completamente coperti) per riparare dalla grande calura e trattenere all’interno l’umidità vitale per le piantagioni.
Anche da me in Toscana vi sono zone con enormi estensioni di serre luccicanti che coprono molti ettari di terreno per coltivarvi piante ornamentali, ortofrutticole, erbe aromatiche etc etc.
Queste estensioni di terreni agricoli coperti da strutture (agricole.. come son le serre di metallo e plastiche trasparenti o traslucide) sono presenti da molti decenni… mai sentito dire alcun essere pensante che erano brutte ed andavano prontamente rimosse.
Sono oramai una caratteristica di tanti territori italiani (anche in Liguria)… che fanno un vanto delle loro pregiate produzioni… che vanno tutelate .
Come mai diventano un problema SE al posto di tralicci metallici e plastica si pensa di installare tralicci metallici e pannelli fotovoltaici ?
Quando le guardo dall’alto di qualche collina… le centinaia di ettari coperti da serre brillano …. mentre i pannelli fotovoltaici sono meno scintillanti (dovendo assorbire il massimo della radiazione solare) … è forse questo l’ “oscurantismo” che ottenebra le menti di chi non accetta il fotovoltaico nei campi ?
un po’ assurdo infatti, soprattutto in Emilia Romagna i frutteti protetti visti i rischi – vedi pere che hanno perso il 70% della produzione l’anno scorso – stanno crescendo in modo esponenziale. Anche in contesti ad alto valore come i terreni destinati a Ciliegie a Vignola che ho visitato qualche mese. E tutti gli agricoltori chiedono di essere sostenuti tra teli di ogni tipologia (coprono completamente le fila degli alberi) oppure ventole per salvarsi dalle gelate. Poi le serre è storia antica
La cosa che più mi rattrista è la grandissima quantità di persone ottuse che seguono le fake news e gli interessi di lobby… ottenendo “in cambio” condizioni di vita sempre peggiori.
Almeno fossero tutti direttamente “stipendiati” per farlo .. li capirei .. in fondo è solo un (brutto) lavoro…
A proposito di reti antigrandine (sempre più indispensabili per proteggere le coltivazioni… pena consistenti perdite di raccolti se non distruzione totale) bisogna considerare che i pannelli fotovoltaici sono concepiti per avere resistenze meccaniche molto superiori rispetto alle semplici reti e teli antigrandine… quindi anche più efficaci per proteggere il raccolto sottostante… anche se , ovviamente, in caso di eventi catastrofali sono molto più costosi da sostituire… Ma almeno hanno un ruolo Attivo nella costruzione del reddito di impresa di azienda agricola e (come scritto nel bel servizio) indispensabili anche per ottenere acqua per irrigazione..
Quando la smetterete di farci credere che gli asini volano? Siete patetici
Cosa vuole che le risponda abbiamo ascoltato i ricercatori universitari, siamo andati sui campi, sentito le aziende anche quelle agricole che stanno ottenendo buoni risultati. Consideri che oggi un frutteto non può che essere protetto, in Emilia Romagna sono il 15% ad oggi, per non rischiare di perdere il raccolto, per gelate o troppa acqua e sono investimenti notevoli. Impiantare le ciliegie può costare fino a 100mila euro e sono soldi che si devono recuperare. Oggi l’uva si vende benissimo e soprattutto in queste settimane – fino a 2 euro il kg sulla pianta che è un prezzo altissimo – ma è quasi tutta coperta. Bisogna fare i conti con i cambiamenti climatici. Oggi il più povero dei pomodori ovvero l’insalataro si vende a 3,5 euro all’ingrosso, perchè manca prodotto – il grappolo è quasi tutto olandese in queste settimane – dovuto anche al troppo caldo estivo che ha vanificato il lavoro di diversi agricoltori.
Francesco, non credevo che sapessi volare…😁