C’è tempo fino al 2 settembre per presentare la domanda di finanziamento per l’installazione di un impianto agrivoltaico in un terreno agricolo. Bene, ma gli operatori temono che i tempi siano troppo stretti per la realizzazione della misura che mette a disposizione oltre un miliardo di euro.
Più di un miliardo che arriva dall’Europa
Il miliardo e quasi cento milioni sono risorse del Pnrr ovvero concesse dall’Europa con il Green Deal– più precisamente la misura Sviluppo agrivoltaico della Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione ecologica), Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile) – per sperimentare sistemi che mettono insieme produzione di energia e di colture agricole. In simbiosi.

Il decreto ministeriale Agrivoltaico punta a raggiungere questo obiettivo: Potenza complessiva pari a 1,04 GW con produzione indicativa di 1.300 GWh/anno.

Ma Lollobrigida ha cancellato agrivoltaico tipo 2: pannelli a terra e coltivazione interfilare
Cosa finanzia il bando? Letteralmente: “Moduli elevati da terra che non compromettano la continuità delle attività agricole al di sotto di essi“. Sembra una lodevole intenzione, ma si lascia fuori la coltivazione interfilare con i pannelli a terra. Una modalità che permette sempre la convivenza tra attività agricola ed energetica, valorizzando terreni marginali che spesso vengono lasciati incolti, e a costi minori rispetto all’agricoltaico evoluto e dinamico. L’opportunità è stata cancellata dal ministro Lollobrigida e dal governo Meloni.

Attenzione: senza attività agricola zero finanziamento. Per questo il bando finanzia “adeguati sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate“.
Significa che l’agrivoltaico permette di migliorare le colture, dare loro un valore aggiunto. Ma non va bene per tutte: “Per il nocciolo è indicato, non per le mandorle. Non va bene per le colture estensive come il frumento” . Parole di Raffella Bisconti, direttrice Italia di Sun’Agri (leggi qui).
Ma in altri casi protegge le piante dagli eventi climatici estremi, evita le conseguenze negative della troppa piovosità o del troppo sole, le piante sono così più sane e più resistenti alle malattie. Si risparmia anche acqua e chimica con meno trattamenti fitosanitari.
I beneficiari e i parametri da rispettare
I soggetti beneficiari della misura non sono solo i singoli imprenditori agricoli ma pure le loro aggregazioni o le associazioni temporanee di imprese che comprendano almeno un imprenditore agricolo. Insomma è possibile un sistema simile a una comunità energetica.
Un aspetto importante sono le prescrizioni delle altezze minime da terra. Ecco i parametri: 1,3 metri nel caso di svolgimento di attività zootecnica nell’ambito del sistema agrivoltaico o l’installazione di moduli fotovoltaici in posizione verticale fissa.

Si sale a 2,1 metri nel caso di attività colturale nell’ambito del sistema agrivoltaico per consentire l’utilizzo di macchinari funzionali alla coltivazione.
Deve essere poi dimostrata la “producibilità elettrica minima” ovvero quella specifica dell’impianto agrivoltaico avanzato (FVagri) non è inferiore al 60% della producibilità elettrica di un impianto fotovoltaico di riferimento (FVstandard).
Tra le spese ammissibili oltre a moduli fotovoltaici, inverter strutture per il montaggio dei moduli, sistemi elettromeccanici di orientamento moduli, componentistica elettrica si possono rendicontare anche “fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo“.
L’intensità dell’incentivo
L’incentivo si divide in un contributo in conto capitale nella misura massima del 40 per cento dei costi ammissibili e in una tariffa incentivante applicata alla produzione di energia elettrica netta immessa in rete.
Per quanto riguarda le specifiche consigliamo di leggere la scheda qui sotto estratta dalle slide messe a disposizione durante il webinar del Gse. Attenzione perché nell’istanza di partecipazione alle procedure, il soggetto richiedente indica la riduzione percentuale che intende offrire rispetto alla tariffa di riferimento pertinente.
Si può partecipare con la procedura a registro dove l’offerta di riduzione percentuale non è obbligatoria, al contrario se si partecipa con il sistema delle aste l’offerta di riduzione è obbligatoria. Importante sapere, come si legge nella tabella, che la tariffa è determinata dai diversi livelli di insolazione nelle diverse aree territoriali italiane.
La partecipazione è abbastanza aperta sul lato della potenza per imprese agricole medie, qui sotto la tabella, ma per impianti con potenza > 1 MW si richiede il rispetto di questi requisiti. “Nel caso di sistemi agrivoltaici in cui l’impianto di produzione di energia elettrica ha potenza nominale superiore a 1 MW, è necessario che sia verificato il possesso di solidità finanziaria ed economica adeguata alle iniziative per le quali viene presentata la richiesta di accesso alle procedure di selezione“.
Importante questo dato che permette l’apporto di società non agricole: “In caso di associazioni temporanee di imprese, la dichiarazione dell’istituto bancario può riferirsi anche a uno solo dei soggetti che compongono l’ATI“.
I tempi sono stretti
La preparazione della domanda non è semplice, c’è da lottare anche con le interpretazioni delle norme a livello locale dove alcune amministrazioni hanno dichiarato preventivamente guerra all’agrivoltaico.
Come si vede nel cronoprogramma pubblicato in alto l’opera deve essere realizzata entro giugno 2026 e la graduatoria sarà pubblicata il 1 dicembre 2024. Ricordiamo, come abbiamo già scritto in altri articoli, che si tratta di opere edili e quindi di cantieri veri e propri.
C’è poi il dato agronomico, ovvero la risposta delle colture all’agrivoltaico (ne abbiamo scritto qui). Come emerso in un convegno in Romagna – più precisamente a Lugo – ci sono criticità. Il docente universitario Luca Corelli Grappadelli, ha sottolineato: “Sono ancora poche le realtà agrivoltaiche in giro per il mondo e questo perché c’è grande incertezza sulla reale possibilità di mantenere le performance agronomiche del frutteto, se questo viene a trovarsi in condizioni di scarsa luminosità”.

Insomma c’è da affinare la ricerca. Potrebbe essere poi utile una certificazione per ottimizzare gli impianti. Esiste l’Aias, presidente la ricercatrice Alessandra Scognamiglio, che sta svolgendo un prezioso lavoro di ricerca e individuando gli indicatori di valutazione (ha pubblicato insieme a Enea il volume Il potenziale agrivoltaico nazionale).
Per il bando c’è da sperare in risultati positivi che permettano di diffondere con maggiore capillarità questi interventi di simbiosi tra agricoltura e produzione di energia.
Più informazioni sul bando al link.
Troppi paletti, troppe regole, bisogna affidarsi a tecnici che redigono il progetto e poi magari vederselo respinto. Chi ha una partita iva agricola in esonero non può accedere agli incentivi. L’agrivoltaico a terra è proibito, così come tutti gli altri impianti fotovoltaici a terra che non siano agrivoltaici. E non c’entra nulla il consumo di terreno…Non capisco il perché di tutti questi limiti, visto che i fondi dovrebbero arrivare dal pnrr. È un atteggiamento oppositivo a prescindere e, volendo pensar male, probabilmente è guidato da interessi economici di quelli che ci guadagnano se il fotovoltaico non si diffonde. È come voler viaggiare in auto con il freno a mano tirato, ed è proprio questa la sensazione che ho da tanto tempo in qua… l’Italia è e sarà sempre tra gli ultimi perché arranca col freno tirato.
Che il freno a mano sia stato tirato è oggettivo per accontentare le società (e dintorni) oil e gas, ma pure chi da un lato proclama l’adorazione del suolo per poi piantarci vegetali da sprecare come carburanti. Nomi e cognomi sono evidenti. Giusto la critica al divieto su agrivoltaico con moduli a terra. Per agrivoltaico evoluto però i limiti sono giusti e una cosa così complessa – va bene per alcune colture e per altre no – che ha necessità di persone molto preparate – si rischia di buttare via i soldi – perchè oltre la produzione di energia si deve garantire la protezione delle piante, il miglioramento dei frutti…… insomma non lo possono fare tutti. Almeno oggi.
Nell’articolo si cita il divieto all’agrivoltaico tipo 2.. per chi si fosse perso la faccenda:
A) sono stati vietati gli impianti agrivoltaico tipo 2 con pannelli bassi e utilizzo agricolo interfilare, tipicamente installati su pascoli e prati perenni, non sui campi coltivati; percapirsi sono come quello nella foto dell’articolo, con le pecore all’ombra di una fila di pannelli montati bassi (e spesso dotati di un semplice tracker monoassiale, cioè la fila di pannelli durante la giornata modifica leggermente l’inclinazione sull’asse orizzontale), le cui aspettavive erano:
> 600-700 milioni per MWh installato
spesa installazioni; senza o con tracker solare monoassiale; a questo costo basso di installazione ( e anche di manuteznione) corrisponde poi la produzione di kwh a prezzi quasi stracciati, moltobassi (in Spagna, con meno burocrazia, siamo a 20euro al MWh; da noi leggevo potrebbe essere circa 40e al MWh, contro il PUN attuale di 90 MWh)
stima 600-700 milioni fatta correggendo i prezzi delle linee guida del Mase, che parlavano di circa 750 milioni per MWh, aggiornando la parte relativa al costo attuale dei pannelli, che nel frattempo si è più che dimezzato
> erano previsti circa 20 GW di installazioni entro 2 anni, senza bisogno di incentivi, e per questo non contingentate; appena collegate in rete avrebbero inondato di kwh a basso costo e abbassato il prezzo energia, come già successo in Spagna e Portogallo negli anni recenti; per questo da noi sono state “vietate”
secondo mia opinione, l’azione del ministo è stata fatta su indicazione del consorzio Eni / Bonifiche Ferraresi / Coldiretti, che si sono associati con notevole giro di fatturato dal 2021 nel business delle coltivazioni dei biocarburanti e dal 2022 nella rivendita dei carburanti agricoli e per autotrasporti
> non verranno vietati giusto gli impianti già in stato avanzato di concessione dell’autorizzazione (definizione lasciata ambigua nel decreto), forse alcuni GW
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cosa viene permesso dal decreto? il contentino, che non perturberà i prezzi dell’energia, e che permette al governo di farne anche un possibile regalino/scambio di potere/favori, essendo associato a incentivi alti e distorsivi dati a pochi
B) nei prossimi 2 anni viene permesso circa 1 GW di intallazioni di agrivoltaico tipo 1 e 3, cioè pannelli alti e abbinati a funzioni evolute come il monitoraggio del microclima, contingentato e gestito tramite l’assegnazione in parte diretta e in parte tramite aste al ribasso di incentivi relativamente alti:
> 1500-1700 milioni per MWh installato
è il massimale di spesa delle installazioni accettato; sono valori più alti persino dei valori previsti nelle linee guida del Mase, che stimavano 1100-1200;
si prevede l’effetto “superincentivi” come visto già per il caso delle auto elettriche, anche se in totale i finanziamenti sono pochi (1 GW), faranno alzare i listini dei materiali; il 40% dei costi di intallazioni (poco più della parte sovrastimata) viene incentivata, in pratica l’incentivo serve ad alzare i prezzi
> costo di aquisto del kwh garantito 90-100e al MWh, anche questo sarebbe relativamente tanto per impianti medio-grandi (non sono come il piccoli mmpianto ul tetto di casa), seppur del tipo con pannelli alti; è tanto perché previsto su 20 anni, mentre tra pochi anni il PUN dovrebbe scendere, perchè questoostruzionismo non potrà funzionare per sempre; qui si parla di 1 solo GW incentivato e sono i primi impianti, per cui pazienza se la tariffa è un po’ alta
> chi volesse procedere senza incentivo con algrivoltaioco evoluto (pannelli alti dopra le coltivazioni, per es serre) oltre al 1 GW previsto incentivato, da adesso si troverà preventivi più gonfiati di prima e forse rinuncerà
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vedremo nel caso intermedio con pannelli con il bordo inferiore a “solo” 1,3 metri da terra (ammesso che non impongano il limite di 2,1 metri), con anche costi intermedi (dipende se sarà nessaria una struttura a pergolato oppure basteranno i pali semplici, sovradimensionati per resistere al vento); si spera che le installazioni senza incentivi non verranno scoraggiate completamente e almeno qualche GW verrà installato già in questi anni
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sui prossimi 3 anni, il “DeCretino” ci costa in bollatta 40 miliardi in costo energia, e altri indirettamente, visto che ha fatto fermare investimenti già in corso per 50-60 miliardi
siamo uno Stato ricco che ci piace buttare soldi in gas e petrolio che tra l’alro importiamo dall’estero? o siamo la riserva indiana da spremere dei latifondisti/protezionisti dell’energia e del commercio, e dei suoi servi sciocchi al governo che bloccano ogni liberalizzazione?