La conversione elettrica in agricoltura? Un tema attuale. Ne abbiamo parlato con Alessandro Malavolti, presidente di Federunacoma, l’associazione che riunisce i produttori di macchine agricole.
C’è fermento elettrico anche nell’industria delle macchine agricole dove non solo i maggiori produttori, ma pure piccole realtà imprenditoriali, stanno sposando la conversione alle emissioni zero. Una necessità, viste anche le nuove norme contro l’inquinamento che stanno per entrare in vigore. Senza dimenticare che la tutela dei prodotti tipici e di qualità si fa anche con dei veicoli più puliti. La nuova frontiera riconosciuta dal presidente dei produttori di macchine agricole, riuniti nell’associazione Federunacoma, Alessandro Malavolti che in questa intervista a VaiElettrico spiega anche le difficoltà di questo processo che non è solo tecnologico, ma anche culturale.
Presidente, su VaiElettrico abbiamo scritto di piccoli trattori elettrici prodotti in Italia e utilizzati nei vigneti biologici, e delle sperimentazioni dei grandi marchi sui trattori. Ci può scattare una fotografia del fenomeno? A che punto siamo con la mobilità elettrica in agricoltura?
I trattori elettrici rappresentano una nuova sfida per la meccanizzazione, perché offrono prospettive molto interessanti soprattutto per produzioni biologiche, per colture in serra o per piante officinali per le quali sarebbe ottimale utilizzare mezzi a emissioni zero. Nel giardinaggio e nella cura del verde i mezzi alimentati a batteria, vedi ad esempio i rasaerba o le motoseghe, stanno avendo successo di mercato ed incrementano di anno in anno la propria percentuale sul totale delle macchine vendute, pur coprendo una quota ancora limitata. Più lento è il processo per quanto riguarda le macchine agricole tradizionali, e soprattutto quelle più potenti che debbono operare in pieno campo…
Quali sono le maggiori criticità relative alla costruzione di macchine elettriche? Sono troppo costose? Non garantiscono delle sufficienti performance? Le batterie al momento non garantiscono un’autonomia minima? Ci sono altri fattori che frenano la conversione?
La potenza richiesta per una macchina agricola tradizionale, come ad esempio una trattrice, è molto elevata e le batterie elettriche debbono garantire performance paragonabili a quelle dei motori a combustione, cosa tecnicamente raggiungibile solamente per un breve lasso di tempo. Inoltre, i costi risultano ancora elevati e questo è un elemento che frena la diffusione di questi sistemi di propulsione. Un altro aspetto tecnico da considerare è la durata delle batterie, che dopo un certo numero di cicli di ricarica (si stima il tempo di circa 4-5 anni di lavoro di un trattore) debbono essere sostituite.
Allo stato attuale, alcune importanti case costruttrici hanno già messo in campo modelli elettrici che sono frutto di sperimentazioni avanzate e che promettono sviluppi significativi, ma complessivamente la strada appare ancora lunga e impegnativa, anche per la presenza di variabili di carattere industriale, vedi fra le altre quella relativa all’accesso alle materie prime per la fabbricazione delle batterie. Per quanto riguarda ad esempio il litio è già in atto una corsa tra i player internazionali per garantirsi le forniture presso quei Paesi che possiedono la materia prima. Ponendosi in un’ottica più ampia, i tecnici del nostro settore ritengono che prospettive di applicazione interessanti si potrebbero avere per i motori ibridi, ma anche in questo caso le aziende presenti sul mercato con questo tipo di propulsori hanno dovuto risolvere problemi legati all’affidabilità complessiva del sistema, oltre che ai costi.
Come Federazione avete intrapreso delle iniziative di studio e conoscenza del fenomeno: convegni, workshop, incontri con esperti……?
La Federazione ha un proprio Ufficio Tecnico, che non soltanto si occupa di seguire gli sviluppi normativi nel nostro settore e di assistere le imprese nell’adeguamento a direttive e regolamenti che sono in costante evoluzione, ma anche di sviluppare rapporti con università e centri di ricerca finalizzati proprio a monitorare lo sviluppo di tecnologie anche in campo motoristico. Abbiamo un Laboratorio per l’Innovazione che ha la funzione di costruire un network per acquisire e diffondere informazioni sulle iniziative nel campo della ricerca e dello sviluppo di prodotti e processi, e abbiamo un calendario di seminari tecnici che riguardano anche temi motoristici. Tuttavia, sono le imprese il vero motore dello sviluppo, perché sono queste che realizzano – peraltro in presenza di fondi pubblici molto limitati – importanti investimenti per la sperimentazione e il trasferimento delle tecnologie più innovative. Questo onere pesa in modo particolare in un settore come quello dei motori elettrici per le macchine agricole, che rappresenta per molti aspetti una realtà ancora “di frontiera”.
Pensate che alla prossima edizione di Eima ci sia la possibilità di uno spazio riservato ai motori, alle tecnologie e alle macchine elettriche?
Non abbiamo in programma, almeno per l’edizione 2018 del novembre prossimo, la realizzazione di un’area espositiva specificamente dedicata alle macchine elettriche; ma la rassegna si presenta come una gigantesca vetrina nella quale le macchine equipaggiate con motori elettrici sono già presenti, e spesso collocate al fianco di quelle con propulsori di tipo tradizionale. Per le edizioni a venire ragioneremo su questa opportunità, tenendo conto anche della ‘psicologia del visitatore‘. Riservare un’area espositiva ad una tecnologia in fase di sviluppo, come sarebbe appunto quella dei motori a batteria, significa infatti darle una particolare visibilità; ma può significare anche relegarla in un contesto per così dire ‘futuribile’, che potrebbe trasmettere agli operatori l’idea di una tecnologia ancora non del tutto matura e affidabile. Quelle aziende che svilupperanno efficaci soluzioni per la produzione di serie avranno probabilmente interesse a presentare i propri modelli a batteria al fianco di quelli a combustione, così che possano essere percepiti dagli operatori non come proposte sperimentali ma come un’alternativa concreta ai tradizionali sistemi di propulsione.
Sempre più Stati stanno decidendo di proibire nel futuro la circolazione di auto diesel e a benzina. Tali scelte potrebbero toccare anche le macchine agricole, in particolare i trattori e altri mezzi che circolano anche su strada. Avete preso in considerazione il tema? Cosa ne pensate? La vostra posizione?
Il problema dell’inquinamento atmosferico è tra i più scottanti nell’agenda politica comunitaria, a causa delle comprovate ricadute nocive sulla salute e sull’ambiente. A dire il vero, le emissioni dei motori utilizzati nella meccanizzazione agricola rappresentano una delle componenti minori in termini di impatto. Tuttavia le macchine agricole, a partire dal biennio 2019/2020, saranno soggette al nuovo Regolamento comunitario che fissa nuovi limiti di emissione con un’ulteriore drastica riduzione del particolato, che è la componente più dannosa. La nostra Federazione ha partecipato attivamente ai lavori preparatori al nuovo Regolamento comunitario, che garantirà quindi alle macchine agricole prodotte dalle nostre industrie il livello di emissioni più basso al mondo.