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Agricoltura: chi inquina paga. Succede in Danimarca dove per la prima volta le aziende agricole vengono tassate in base alle emissioni di di COâ‚‚. Una carbon tax, attiva dal 2030, anche sul bestiame, che sarà risparmiata ai contadini che investono in tecnologie per ridurre le emissioni. Bastone e carota.Â
Carbon tax sul bestiame: compromesso fra allevatori e governo
La Danimarca ha una fiorente industria della carne e dei latticini.  Due terzi della produzione alimentare danese è destinata all’esportazione con in testa la carne suina. Ma ora dovrà fare i conti con le emissioni di COâ‚‚.
Le aziende danesi sono impegnate nella transizione ecologica
Un dato oggettivo che ha necessità di interventi. Tutti i protagonisti interessati – imprenditori, sindacati degli agricoltori e dell’industria alimentare e l’associazione danese per la protezione della natura – hanno firmato un compromesso con il governo socialdemocratico guidato da Mette Frederiksen.
Il negoziato è durato qualche mese. A febbraio, un gruppo di esperti, nominato dal governo, ha proposto tre modelli, con tre livelli di tassazione: 125 corone (16,70 euro), 375 corone o 750 corone per tonnellata di CO₂. Non mancano le conseguenze: una riduzione delle emissioni da 2,4 a 3,2 milioni di tonnellate, comporterà un calo della produzione tra il 5,6% e il 15% e la  scomparsa di 2.000-8.000 posti di lavoro.
Un’azienda agricola danese
Le tasse in base alle tonnellate di CO₂. Ma chi investe in sostenibilità sarà premiato
Gli effetti economici e sociali sono evidenti, ma si preferisce bilanciarli con gli effetti positivi sul fronte ambientale.
Il livello di tassazione scelto è pari a 300 corone danesi per tonnellata di CO₂ a partire dal 2030, poi a 750 corone nel 2035. L’accordo prevede però una detrazione fiscale del 60%, il che significa che il costo reale per tonnellata di CO₂ sarà effettivamente 120 corone nei primi anni, poi 300 corone dal 2035.
Gli agricoltori che investono in tecnologie per ridurre le emissioni climalteranti saranno in parte esonerati dal pagamento della carbon tax agricola e potranno usufruire di sostegni alla transizione energetica ed ecologica.
La scelta è stata presa da un governo di coalizione che oltre i socialdemocratici comprende il partito dei Moderati dicentrodestra. Uno dei suoi esponenti è il ministro degli Esteri Lars Lokke Rasmussen che come riporta il quotidiano francese Le Monde ha commentato e descritto così l’accordo. “Un orologio svizzero: essendo ogni ingranaggio scelto con la massima precisione, modificarne solo uno rischierebbe di mandare in tilt l’intero meccanismo“.
Chiaro il messaggio: si tratta di un compromesso. Per questo ha chiesto anche i voti dell’opposizione senza modificarlo, ricordando: “Siamo in un’Europa in cui gli agricoltori vengono a bruciare pneumatici nelle grandi città e dove i difensori del clima restano attaccati alle autostrade”.Â
Una scelta pragmatica che ha trovato il consenso dell’industria lattiero-casearia, ma vede contrari tanti agricoltori e non soddisfatti gli ambientalisti di Greenpeace.
Abbiamo controllato i dati sulle emissioni dell’agricoltura danese nel sito del ministero. In un rapporto del 2017: “il settore agricolo contribuisce per il 22,4%. delle emissioni totali di gas serra misurate in equivalenti di CO2“.
Più nel dettaglio: “Ciò significa anche che il settore agricolo è il settore più importante in termini di emissioni di protossido di azoto (N2O) e metano (CH4). Dal 1990, le emissioni di gas serra provenienti dall’agricoltura sono diminuite del 16%. Tale diminuzione è dovuta principalmente alla diminuzione delle emissioni di protossido di azoto“. Si può migliorare.
Dazi Ue su auto cinesi e ritorsioni sulla carne di maiale
Un legame tra mobilità elettrica e mondo agricolo danese è dato dai dazi che la Ue vuole applicare alle auto cinesi. La Cina potrebbe decidere di cambiare fornitori – rivolgendosi a Russia e Vietnam – per quanto riguarda l’importazione di carne suina. Si tratta di parti del maiale che in Europa non si consumano e non hanno mercato e vengono esportate nel Paese asiatico.
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Giusto affrontare il problema della CO2 degli allevamenti ma è necessario farlo con una attenzione verso il sociale. Se la soluzione è mettere tasse, questa si risolve banalmente in un aumento dei costi che i ricchi potranno sostenere e i poveri no.
Ed è il rischio di tutto il green deal così come è concepito: il ricco anche dopo il 2035 potrà comprare la supercar a benzina o la sportiva a efuel, il povero no e gli toccherà la panda elettrica a rate.
– price cap per i guadagni alle colonnine di ricarica. Si fa una gara per l’assegnazione delle installazioni in una certa macroregione, se nessuno si presenta allora tocca allo stato sopperire e offrire il servizio. Non essendo stato fatto per tempo per le attuali colonnine, farei questo ad esempio in occasione della costruzione dei megacharger per tir e auto a elevata velocità di ricarica. Prezzo di vendita: max 2 volte e mezzo il pun da rinnovabili. Non si presenta nessuno? Allora ci va lo stato con una sua azienda
– limitare l’uso del mais fermentato a meno del 20% per alimentare le centrali a biogas che dovrebbero invece essere alimentate all’80% coi liquami, con controlli rigidi e puntuali. Con le centrali che abbiamo in Italia, se fossero tutte alimentate così (ma non lo sono!), saremmo un punto di riferimento a livello mondiale
Questi sono solo alcuni esempi, potrei andare avanti per giorni. Ovviamente niente di tutto questo si può fare senza cambiare le leggi in UE o in Italia. Ma qui di questo si parla, no? Di nuove leggi UE che invece puntano a tassare la carne, rendendola un cibo riservato a chi ha il portafogli pieno.
Cosa cambia tra le mie proposte e quello che fa l’Europa? Che le mie proposte sono win-win, vincono tutti mentre quelle europee sono solo nuove tasse e richieste di rinunce e sacrifici. Son tutti bravi così …
Ma conoscendoti so già che non ti piacerà neanche mezza proposta 😀
L’iniziativa è più che giusta, ma ricordo che siamo nella “ricca” in Danimarca, un paese con un decimo degli abitanti italiani e un PIL procapite doppio di quello italiano, inoltre l’articolo comunque parla della perdita di migliaia di posti di lavoro, c’è lo vedete applicato in un paese come il nostro dove l’agricoltura si basa ancora sui raccoglitori extracomunitari gestiti dai “caporali”?
Basta studiare soluzioni giuste per il contesto italiano. Ci sono tante piccole imprese, ma stanno chiudendo in favore di aggregazioni più ampie, ma anche vere multinazionali con bilanci invidiabili e report di sostenibilità . C’è chi può investire. Ci sono piccole aziende molto attente alla sostenibilità . Aziende che sfruttano il lavoro a poco prezzo? Speriamo che con il tempo si convertano ad una sostenibilità anche sociale.
Sarà ma io vivo a Lodi in piena pianura paadba w ho molti amici fra gli agricoltori locali e ti garantisco che l’unica cosa green che gli ho visto fare è stata quella dj j stallare del gran fotovoltaico ai tempi in cui l’energia elettrica rimessa in rete era strapagata, per il resto li ho sempre visti con la manina tesa a aspettarsi sovvenzioni gratis non certo a fronte di costi e/o investimenti forse in Veneto o in sud Italia saranno più sensibili alle problematiche ambientali ma sinceramente nutro qualche dubbio a riguardo (salvo che siano soldi gRatisbona a fronte di guadagni non certo di mancata produzione)
Il cambiamento, a parte una nicchia di pro biologico e altre innovazioni, arriva dalle grandi aziende che devono rendicontare il loro impatto ambientale e chiedono ai loro fornitori di adeguarsi
Basta leggere la cronaca politica italiana: è stata una delle prime crociate del ministro Lollobrigida, quando poi importiamo anche carne dall’estero. Poi chiaro l’allevamento ha una sua funzione naturale insostituibile per la cura di prati e boschi, ma purtroppo non è sostenibile economicamente – a parte alcune nicchie- e c’è una industrializzazione degli allevamenti con forti risvolti ambientali. La soluzione? Un mix di misure che mettono insieme le diverse sostenibilità . Da ricordare poi l’insostenibilità – vedi soprattutto Usa – di un consumo eccessivo di carne con troppi, anche bambini, obesi
Stai a vedere che hanno ragione gli eco-ansiosi o meglio i più eco-ansiosi… Hanno deciso di non fare figli per non inquinare….
Giusto affrontare il problema della CO2 degli allevamenti ma è necessario farlo con una attenzione verso il sociale. Se la soluzione è mettere tasse, questa si risolve banalmente in un aumento dei costi che i ricchi potranno sostenere e i poveri no.
Il palliativo dell’ investimento green a compensazione è un palliativo che non sposta di una virgola il problema perché comunque ci saranno maggiori costi per l’ agricoltore che si rifletteranno sul prezzo della carne.
In sostanza la nuova “flat tax” sul prezzo della carne (perché tale è un aumento di prezzo di un bene) non segue il censo e penalizza le fasce deboli, il ricco può permettersi la bistecca e il povero mangerà il tofu.
Ed è il rischio di tutto il green deal così come è concepito: il ricco anche dopo il 2035 potrà comprare la supercar a benzina o la sportiva a efuel, il povero no e gli toccherà la panda elettrica a rate.
Non ho ancora capito, Enzo, cosa proporresti in alternativa.
Alcuni esempi.
Auto elettriche
– costo differenziato dell’energia in base alle fonti, con limiti di markup, evitando gli extraprofitti. Se tu azienda produci da fonti rinnovabili produrre energia ti costa meno, non puoi farmi pagare come se producessi da gpl o metano. Allo stesso tempo tasserei le aziende per le nuove installazioni da fonti non rinnovabili, così se tu azienda decidi di aprire una centrale a metano non lo farai perché ti conviene di più una eolica con batteria di accumulo. Così si abbatte il costo alle colonnine
– price cap per i guadagni alle colonnine di ricarica. Si fa una gara per l’assegnazione delle installazioni in una certa macroregione, se nessuno si presenta allora tocca allo stato sopperire e offrire il servizio. Non essendo stato fatto per tempo per le attuali colonnine, farei questo ad esempio in occasione della costruzione dei megacharger per tir e auto a elevata velocità di ricarica. Prezzo di vendita: max 2 volte e mezzo il pun da rinnovabili. Non si presenta nessuno? Allora ci va lo stato con una sua azienda
– fare come la Norvegia e anziché mettere i dazi alle aziende cinesi, levarli per favorire la concorrenza. La Cina investe soldi statali per aiutare le aziende di auto cinesi? Bene, l’Europa faccia altrettanto così la concorrenza non sarà sleale, ma non con incentivi a pioggia e andando a fiducia bensì come fa la Cina che dà soldi valutando con una commissione di esperti i singoli progetti per i quali quei soldi vengono chiesti, con soldi dati per fasi di avanzamento e con controlli serrati
Allevamenti intensivi
– limitare l’uso del mais fermentato a meno del 20% per alimentare le centrali a biogas che dovrebbero invece essere alimentate all’80% coi liquami, con controlli rigidi e puntuali. Con le centrali che abbiamo in Italia, se fossero tutte alimentate così (ma non lo sono!), saremmo un punto di riferimento a livello mondiale
https://www.internazionale.it/reportage/elia-caverzan/2020/07/16/biogas-affare-veneto
Questi sono solo alcuni esempi, potrei andare avanti per giorni. Ovviamente niente di tutto questo si può fare senza cambiare le leggi in UE o in Italia. Ma qui di questo si parla, no? Di nuove leggi UE che invece puntano a tassare la carne, rendendola un cibo riservato a chi ha il portafogli pieno.
Cosa cambia tra le mie proposte e quello che fa l’Europa? Che le mie proposte sono win-win, vincono tutti mentre quelle europee sono solo nuove tasse e richieste di rinunce e sacrifici. Son tutti bravi così …
Ma conoscendoti so già che non ti piacerà neanche mezza proposta 😀
L’iniziativa è più che giusta, ma ricordo che siamo nella “ricca” in Danimarca, un paese con un decimo degli abitanti italiani e un PIL procapite doppio di quello italiano, inoltre l’articolo comunque parla della perdita di migliaia di posti di lavoro, c’è lo vedete applicato in un paese come il nostro dove l’agricoltura si basa ancora sui raccoglitori extracomunitari gestiti dai “caporali”?
Basta studiare soluzioni giuste per il contesto italiano. Ci sono tante piccole imprese, ma stanno chiudendo in favore di aggregazioni più ampie, ma anche vere multinazionali con bilanci invidiabili e report di sostenibilità . C’è chi può investire. Ci sono piccole aziende molto attente alla sostenibilità . Aziende che sfruttano il lavoro a poco prezzo? Speriamo che con il tempo si convertano ad una sostenibilità anche sociale.
Sarà ma io vivo a Lodi in piena pianura paadba w ho molti amici fra gli agricoltori locali e ti garantisco che l’unica cosa green che gli ho visto fare è stata quella dj j stallare del gran fotovoltaico ai tempi in cui l’energia elettrica rimessa in rete era strapagata, per il resto li ho sempre visti con la manina tesa a aspettarsi sovvenzioni gratis non certo a fronte di costi e/o investimenti forse in Veneto o in sud Italia saranno più sensibili alle problematiche ambientali ma sinceramente nutro qualche dubbio a riguardo (salvo che siano soldi gRatisbona a fronte di guadagni non certo di mancata produzione)
Il cambiamento, a parte una nicchia di pro biologico e altre innovazioni, arriva dalle grandi aziende che devono rendicontare il loro impatto ambientale e chiedono ai loro fornitori di adeguarsi
se allevare bestiame e’ un problema perché non risolverlo coltivando carne ? la possibilita’ c’e’e viene bistrattata da tutti i governi mondiali. gli allevatori stessi potrebbero con sovvenzioni statali iniziare a produrne una parte del fabbisogno e ampliare nel tempo la produzione . si risolverebbe anche il problema etico del benessere animale finalmente . ma giusto ,io sono un visionario !
Basta leggere la cronaca politica italiana: è stata una delle prime crociate del ministro Lollobrigida, quando poi importiamo anche carne dall’estero. Poi chiaro l’allevamento ha una sua funzione naturale insostituibile per la cura di prati e boschi, ma purtroppo non è sostenibile economicamente – a parte alcune nicchie- e c’è una industrializzazione degli allevamenti con forti risvolti ambientali. La soluzione? Un mix di misure che mettono insieme le diverse sostenibilità . Da ricordare poi l’insostenibilità – vedi soprattutto Usa – di un consumo eccessivo di carne con troppi, anche bambini, obesi