Solo il 4% degli agricoltori nega il cambiamento climatico. A cui, però, si aggiunge il 15% che ci crede, ma non riconosce l’influenza delle attività umane. Ebbene anche questi scettici investono sul fotovoltaico. Vuol dire che funziona.Â
Questi sono i numeri e l’esito della ricerca “Europe Talks Farming Italy” a cura della dall’organizzazione internazionale More in Common.

Quasi la metà degli agricoltori negazionisti climatici vuole installare pannelli e il 24% lo ha già fatto
La ricerca svela gli atteggiamenti del mondo agricolo sulla transizione ecologica. Uno dei dati più interessanti riguarda gli agricoltori che, come si legge nella ricerca, «credono che adattarsi al cambiamento climatico sia un errore».
Ebbene ben il 24% di questi scettici/negazionisti ha installato impianti fotovoltaici e ben il 46% di loro è interessato ai pannelli.

C’è qualcosa che non torna visto che la transizione ecologica si basa sulla sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili.
Altri dati della ricerca ci aiutano però a capire lo scetticismo nel cambiamento green.
L’82% degli agricoltori preoccupati per i cambiamenti climatici, ma difficile adattarsi a causa della burocrazia
Nonostante negazionisti e scettici – rappresentano circa un quinto del campione intervistato – ben l’82% di agricoltori e allevatori si ritengono molto o abbastanza preoccupati per i cambiamenti climatici. Tra le donne la percentuale sale al 94%.

Le narrazioni di alcuni commentatori che legano le proteste del mondo agricolo alla transizione energetica non corrispondono al sentimento maggioritario della categoria.
Il problema è la gestione della transizione. Il 68% degli imprenditori agricoli lamentano che per adattare la propria azienda agricola ai cambiamenti climatici c’è troppa burocrazia e pochi aiuti economici.
Eppure sono stati ben partecipati i bandi Parco Agrisolare (leggi qui) e c’è tanto fermento sull’agrivoltaico (leggi). Ma il Decreto Agricoltura del Governo (leggi) ha limitato l’investimento più semplice: l’agrivoltaico a terra.
Un sistema più alla portata delle piccole aziende – naturalmente con dei limiti alle superfici interessate – per via dell’investimento minore e la facilità nella produzione.
Gli agricoltori chiedono anche più formazione, informazione e supporto da parte degli esperti.

Impianti solari ed eolici opportunità per il 61% degli intervistati, sfiducia nella politica
Il 61% degli operatori vede l’installazione dei pannelli solari e delle pale eoliche come «un’opportunità per diversificare le fonti di reddito». Solo il 25% li vede come una minaccia, e il 14% non sa.
Nonostante uno zoccolo duro di scettici sulla transizione – ma all’interno di questi ci sono i pragmatici che investono nelle rinnovabili – la maggioranza è a favore delle rinnovabili.
Il problema è la sfiducia nelle istituzioni. Ben il 78% della categoria si sente poco o per niente rappresentato. I sindacati agricoli godono di maggior fiducia ma da una minoranza: il 38% in media.
La sfiducia sfocia nel sostegno alle proteste di piazza – 46% totalmente e 37% parzialmente – ma l’appoggio non è legato alle rinnovabili.
Nonostante la diffidenza verso le istituzioni il 75% di agricoltori e allevatori pensa che bisogna investire sul solare, poi biomassa (65%), idroelettrico (63%), eolico (59%).
C’è fiducia sul gas naturale (46%) e nucleare (41%). In fondo il petrolio: solo il 22%.
Tra i detrattori dell’eolico le grandi aziende (50+ ettari, con il 23% che chiede di investire meno) e chi risiede in Sardegna (18%) e Veneto (20%). Nella regione del Nord abbiamo documentato un caso, ma per l’isola ha influito un’intensa campagna di fake news.
Questi dati evidenziano la necessità di interventi mirati da parte delle istituzioni. Ci sono gli incentivi economici, sui ristori post alluvione in Emilia Romagna si è caduti nel ridicolo, e serve snellire le procedure amministrative – i tempi per avviare un impianto fotovoltaico per esempio – e più formazione e informazione. Sul campo e per il campo.
Per leggere la ricerca completa.
Rispondo a Tobia:
non esiste la prospettiva che adombra
cioè non c’è possibilità che il FTV o l’Agri-FTV sostituisca le coltivazioni, perchè per alimentare l’intera italia di suolo ne servirebbe una frazione minima, circa 1%, e solo una parte sarà in aree agricole
è una quantità di suolo trascurabile anche rispetto alle sterminate aree di terreni censiti come agricoli, ma messi a pascolo, oppure proprio non coltivati in quanto imperfetti in qualche aspetto e economicamente sarebbe una coltura in perdita economica, li definiscono “terreni (economicamente) marginali”
man mano che la fame di energia viene sfamata, il kwh viene pagato meno, e si perde interesse a installare nuovi impianti FTV, per questo è un fenomeno autolimitante
PS:
il FTV da noi è vietato su aree agricole (che sono il 53% del territorio italiano);
con molte l’imitazioni, è ammesso l’Agri-FTV, che obbliga tramite controlli anche a coltivare (oppure a pascolare) il terreno dove si intallano i pannelli; se prima era un terreno marginale o abbndonato, o secco, così diventa un terreno utilizzato e che sostenta economicamente l’azienda agricola e la vita dei paesi di campagna
L’interesse per l’agrivoltaico da parte di chi coltiva i campi è dovuto esclusivamente al volgare soldo che se ne ricava.
L’articolo è uno sproloquio di dati e statistiche che però non evidenziano tale solare, elementare concetto.
Dal momento che arance, patate ecc. vengono pagate pochi centesimi al quintale e chi ci guadagna sono soltanto coloro a valle della filiera, ben vengano i pannelli fotovoltaici che, alla lunga, essendo più redditizi, soppianteranno le coltivazioni.
In tale prospettiva, caro Nieddu, lei è contento? Io per niente proprio….
Ma vede caro Tobia con il mio “sproloquio” alla fine lei è completamente d’accordo ovvero ci sono terreni marginali che non danno reddito e fanno abbandonare i terreni e le attività produttive agli agricoltori. I panelli saranno pur soldo volgare, ma pulito rispetto a quello sporco e velenoso degli idrocarburi. Ci sono i furbi che coltivano erbacee (con tutto il rispetto) ma vogliono vendere (e prendere incentivi) solo energia? Come in tutti i settori. Ma per l’agrivoltaico sono previste regole strette: relazione agronomica che accompagna il progetto e l’attività . Questa è la soluzione: simbiosi tra prodotti agricoli ed energetici.
I piccoli agricoltori salvano produzione, terra e bilancio https://www.vaielettrico.it/confagricer-comunita-energetica-agricola-per-frenare-la-fuga-dalla-campagna/
video con una intervista a Roberto Sannasardo,
Energy Manager della Regione Siciliana
il passaggio illuminante è questo:
https://youtu.be/w6-xzbvweL4?t=225
75 ettari di terreno agricolo seminativo mantengono 1 stipendio lavorativo
75 ettari con 50 MW di FTV o di agrivoltaico mantengono 20 stipendi lavorativi
la resa energetica ed economica del FTV utility è MOLTO ALTA, e il costo finale dell’energia risultante rimane comunque basso, circa 40-50€ al MW-h Italia, cioè 4-5 cents al KW-h
è il segreto di pulcinella, se fosse lasciato più libero rivoluzionerebbe il mercato tagliando i costo energia in un pochi anni, come già successo in Spagna
per cui viene osteggiato e reso più difficile da installare dai nostri politici più subalterni alle vecchie, costose, inquinanti, e radicate filiere (principalmente ENI, e in parte anche SNAM, ENEL, EDISON, ANSALDO), con contorno dell’aiuto di Coldiretti e del ministro cognato che danneggiano la categoria degli agricoltori che dovrebbero invece difendere