Una pioggia di centinaia di milioni all’autotrasporto per ridurre le emissioni. Ma il decreto rischia di trasformarsi in un boomerang: la neutralità tecnologica potrebbe favorire soprattutto i veicoli termici. Anche se definiti “green”. Nel comunicato del Ministero dei Trasporti si cita l’elettrico. Ma arriva subito una precisazione che suona come un avvertimento: «L’obiettivo è sostenere la transizione verso mezzi più moderni ed efficienti — elettrici, ibridi o endotermici di ultima generazione — garantendo un approccio concreto e non ideologico». Il rischio è di assistere a un copione già visto. Come nel bando auto della Lombardia: poche vetture elettriche finanziate. Nonostante siano proprio quelle a batteria le più coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione.
L’immancabile “approccio pragmatico, non ideologico”
Il decreto interministeriale che avvia il riparto del Fondo per la strategia di mobilità sostenibile è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale nei giorni scorsi. Il provvedimento assegna 590 milioni, da utilizzare nel periodo 2027-2031, al rinnovo del parco veicolare delle imprese di autotrasporto. Il testo richiama una serie di norme precedenti e, soprattutto, gli obiettivi fissati dall’Unione Europea per la riduzione delle emissioni. Tuttavia, i dettagli operativi saranno definiti da un successivo decreto.

Restano infatti da stabilire i criteri, le modalità e i termini per la presentazione delle domande, le regole di concessione degli incentivi, le tipologie di interventi e i costi ammissibili. Per ora si conosce soltanto l’obiettivo generale: «Sostenere la transizione verso mezzi più moderni ed efficienti — elettrici, ibridi o endotermici di ultima generazione — garantendo un approccio concreto e non ideologico». Molti nodi restano dunque aperti e sarà necessario vigilare affinché il provvedimento si traduca in una reale spinta verso la decarbonizzazione.
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Un parco mezzi altamente inquinante (che resterà tale)
Nel comunicato si sottolinea il ruolo del ministro: «Si tratta di una misura senza precedenti per entità delle risorse, frutto dell’impegno assunto dal Ministro Salvini con le imprese del settore». La lettura del decreto restituisce un quadro diverso: si tratta soprattutto di un adempimento agli obblighi europei in materia di qualità dell’aria e riduzione delle emissioni. Lo confermano i richiami a direttive e regolamenti che puntano alla neutralità climatica e al rispetto dei limiti di PM10. Un atto dovuto.

Le risorse del Fondo devono essere spese anche perché l’Italia è stata sanzionata per violazioni sistematiche e continuative degli obblighi previsti dalle direttive ambientali europee. In particolare, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha accertato il mancato rispetto dell’obbligo di non superare i limiti di concentrazione di PM10 nell’aria.
Alla violazione si aggiunge quella dell’articolo 23, che impone agli Stati membri di adottare misure adeguate affinché i periodi di superamento dei limiti siano ridotti al minimo. Il decreto, dunque, non è soltanto una misura di sostegno al settore dei trasporti, ma anche una risposta obbligata alle contestazioni europee sulla qualità dell’aria e tutela della salute pubblica.
Si finanzieranno anche le colonnine per l’autotrasporto?
Insomma, è un atto dovuto e siamo in ritardo. Le conseguenze del trasporto merci le abbiamo segnalate più volte: questi veicoli percorrono ogni giorno chilometraggi molto più alti rispetto al trasporto privato. La flotta nazionale è vecchia. Il Governo conosce bene la situazione: «Circa il 70% dei veicoli circolanti adibiti all’autotrasporto merci appartiene a classi ambientali inferiori a Euro 6 e circa la metà rientra nelle classi comprese tra Euro 0 ed Euro 3». Il quadro è chiaro: serve un intervento rapido e mirato, se davvero si vuole avviare una transizione verso un trasporto merci più sostenibile. Mancano, al momento, risorse per le colonnine. Le stazioni di ricarica, dalla dimensione degli stalli alla potenza, sono diverse e per ora ne sono state inaugurate solo poche al Nord. Al Sud mancano, ed è un problema.
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